L’intervista all’attrice e al regista sul film fuori concorso che racconta la siccità della natura e degli uomini tra amarezza, ironia e speranza
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A Roma non piove da tre anni, il Tevere boccheggia e gli scarafaggi scorrazzano per la città. Siccità, l’opera apocalittica del regista Paolo Virzì presentata fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022 (VAI ALLO SPECIALE) e in sala dal 29 settembre, esplora l’aridità della capitale e di un coro di personaggi prosciugati nell’umanità. “È una storia profonda, drammatica, ma anche ironica, un po’ come la vita” spiega nell’intervista a Denise Negri Monica Bellucci, che nel film interpreta un’immortale diva del cinema, nonostante l’imminente fine del mondo.
Per la seconda collaborazione con il regista livornese (la prima con N (Io e Napoleone), nel 2006), l’attrice affianca un cast straordinario, che include Silvio Orlando, Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi e Vinicio Marchioni. Virzì ha infatti realizzato un grande mosaico intarsiato di vicende umane apparentemente distanti, ma in realtà legate tra loro: “Dalla terrazza della diva del cinema affacciata su Castel Sant’Angelo alle periferie più degradate, dagli studi delle televisioni agli appartamenti borghesi, proletari, aristocratici, la città è il palcoscenico di una grande e disperata danza collettiva” spiega il regista.
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Anche nell’apocalisse, però, sopravvive la speranza: “Senza speranza non c’è più vita. Nel film la speranza c’è, anche se sotto la parodia raccontiamo una realtà molto difficile e cinica” spiega Bellucci. “Raccontare è un atto di speranza e di fiducia, anche se fosse solo una fiaba a un bambino” prosegue Virzì, che ha scelto di presentare l’opera nella grande sala cinematografica del Lido, rinunciando alle piattaforme di streaming e scommettendo invece sul desiderio del pubblico di voltare pagina e di tornare tutti insieme a guardare i film.
