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Paolo Sorrentino, tra È Stata la mano di Dio e Dragoncelli di Fuoco, tra cinema e vita

Cinema

Paolo Nizza

©Getty

L’ultimo film del regista napoletano è entrato nella short list degli Oscar 2022.  E "Dragoncelli di fuoco", il romanzo biografico scritto da Stefano Loparco e pubblicato nella collana Bietti Fotogrammi, è una sorta di prequel  immaginario di  "È Stata la Mano di Dio". Un libro che racconta la storia del primo (non) film di Paolo Sorrentino, raccontato attraverso i ricordi dei suoi amici di gioventù

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“Divieni ciò che sei” diceva  Friedrich Nietzsche, citando un’ode di Pindaro. E Paolo Sorrentino pare proprio avercela fatta a non disunirsi. Il film È stata la mano di Dio è entrato nella shor tlist degli Oscar 2022. L’ otto febbraio sapremo se la pellicola otterrà la candidatura per la miglior opera internazionale. Sicché, dopo essere stato l’ultimo italiano a vincere la statuetta con la Grande Bellezza, Sorrentino potrebbe tentare la doppietta. Niente male per uno che, parimenti a Maradona, ha fatto quello che ha potuto.  E forse per comprendere l’enorme successo di critica e pubblico dell’ultima pellicola diretta da Paol,o disponibile su Netflix, (visibile anche su Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) bisogna osservare il fenomeno da una certa distanza. Per esempio, attraverso il libro "Dragoncelli di Fuoco", la storia del primo non film di Paolo Sorrentino, scritto da Stefano Loparco e pubblicato da Bietti Fotogramma, collana diretta e curata da Ilaria Floreano. Ambientato nella Napoli degli anni 90, l’autore firma un romanzo poetico e biografico. Il ritratto del futuro Premio Oscar, raccontato attraverso i ricordi di Bruno Grillo, Giacomo Matturro, Maurizio Fiume, Stefano Russo, Pappi Corsicato e Gianni Ferreri, amici di gioventù di Paolo Sorrentino.

La copertina di Dragoncelli di Fuoco- Il Primo non film di Paolo Sorrentino

Dragoncelli di Fuoco, il primo non film di Paolo Sorrentino

“Scritto, diretto e interpretato nel 1994 da uno studente napoletano di Economia e com­mercio, Dragoncelli di fuoco è il primo non-film di Paolo Sorrentino.

Film, perché è un’opera finita, un mediome­traggio indipendente di 55 minuti pensato con i crismi del cinema maggiore. Non, perché non è mai stato presentato in commissione di censura, non è mai stato distri­buito e – salvo il piccolo pubblico dell’epoca – non è mai stato visto. “

Con queste parole, Stefano Loparco ci introduce tra le pagine del suo libro. Il plot ruota intorno a Peplo Palatone, chef di fama internazionale, deciso a vincere il Grembiule di Platino, prestigiosissimo concorso gastronomico. Il cuoco invita nella sua villa alcuni tra i critici più influenti del momento, prospettan­dogli la realizzazione di un piatto sorprendente: i dragoncelli di fuoco, un’antica pietanza egizia che, secondo la maledizione, porterebbe chi li prepara alla morte entro la mezzanotte.  Sorrentino interpreta ben due personaggi, Filippo Letto det­to Filippetto, il critico gastronomico e Ciruzzo, lo spacciatore. I pochi che hanno visto il film confermano che la sua performance attoriale è straordinaria. Dragoncelli di fuoco venne proiettato il 27 no­vembre 1994 durante le «Giornate del cine­ma invisibile» del Centro Giovanile e all’U­niversità Federico II. Il film non ebbe successo, ma La cassetta girò nell’ambiente cinematografico.  Tant’è che venne chiesto a Sorrentino di migliorare il copione e lui lo riscrisse completamente. Nel 1997, con il tito­lo Napoletani, Dragoncelli di fuoco – la versione di Paolo – vinse il Premio Solinas ex aequo per la miglior sceneggiatura. Nello stesso anno, Antonio Capuano, dopo averla letta, mandò a chiamare il suo autore per coadiuvarlo nella scrittura di Polvere di Napoli

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Dragoncelli di fuoco è uscito in tempi non sospetti, ovvero prima di conoscere i primi dettagli su È Stata la Mano di Dio. Tuttavia, possiamo davvero considerarlo una sorta di controcanto del film di Sorrentino. Impreziosito da una eclettica playlist che spazia dai Talkin Heads a Franco Califano, dai Motörhead a Enzo Gragnaniello, è l’avventura di tre studenti universita­ri del Vomero che sognano il cinema dove non c’è, la storia di un’amicizia e di una sfida vinta. Con pudore nell’addendum, Stefano Loparco ricostruisce il momento in cui Paolo Sorrentino scopre la morte dei propri genitori avvelenati dal monossido di carbonio durante un fine settimana trascorso a Roccaraso, nella casa di campagna. A salvare il futuro regista fu Maradona: Paolo aveva ricevuto dal padre il permesso di restare a Napoli per poi andare a seguire la sua squadra del cuore in trasferta a Empoli. Un lutto che è all’origine del film È stata la mano di Dio. E vengono in mente le parole di Fabietto Schisa: "La vita, ora che la mia famiglia si è disintegrata, non mi piace più. Non mi piace più. Ne voglio un'altra, immaginaria, uguale a quella che tenevo prima. La realtà non mi piace più. La realtà è scadente. Ecco perché voglio fare il cinema-"

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Così con stile,  delicatezza e talento, il libro di Stefano Loparco emoziona, commuove e diverte attraverso la memoria e l’immaginazione. Un piccolo romanzo di formazione che non ha la pretesa di fornire risposte per spiegare come sia potuto accadere il fenomeno Paolo Sorrentino. Perché Dragoncelli di fuoco è un viaggio nella Napoli degli anni Novanta, tra Diego Maradona e Martin Scorsese.  E come scrive Bruno Grillo nella prefazione: “Stefano Loparco  ha saputo attivare la memoria, fa­cendomi tornare a un tempo lontano e bellissi­mo, fissandolo indelebilmente in queste pagine.” E come insegna Bernardo Bertolucci: “ La conoscenza aumenta il mistero."