Seaspiracy, il documentario di Netflix sulla pesca sostenibile

Cinema

L’esordio sulla piattaforma è avvenuto il 24 marzo e sono già scoppiate le prime polemiche. Dura la reazione del National Fisheries Institute

Netflix ha annunciato l’aggiunta al proprio catalogo di un documentario di grande impatto, “Seaspiracy”, online dal 24 marzo 2021, disponibile anche su Sky Q. Si tratta di un lavoro giornalistico atto a mettere in luce le conseguenze atroci dell’impatto dell’uomo sugli ecosistemi degli oceani.

Il lavoro è stato realizzato dal regista Ali Tabrizi, già noto per il documentario “Vegan” del 2018. Anni di ricerche e inchieste hanno dato vita a questo lavoro, che ha visto i protagonisti correre non pochi rischi. L’obiettivo finale era quello di riuscire a mostrare questo settore per quello che è, quando visto da un punto di vista industriale, il che spinge a uno sfruttamento massiccio e spesso incontrollato dei mari.

Le immagini ricostruiscono un vero e proprio sistema di corruzione globale, atto a sfruttare le risorse naturali fino a generare danni irreparabili. La pesca intensiva presenta numerosi lati oscuri e Ali Tabrizi li ha esposti tutti.

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Seaspiracy, cosa sappiamo

Ecco quanto scritto dai protagonisti del documentario, Ali Tabrizi e Kip Andersen (produttore esecutivo), sui social di “Seaspiracy”: “Questo documentario trasformerà radicalmente il modo in cui pensiamo e agiamo in relazione alla conservazione degli oceani. È giunto il momento di concentrare le nostre preoccupazioni ecologiche ed etiche sui mari e i suoi abitanti”.

Un film che promette di far tremare l’industria ittica. Un titolo evento al pari di “Cowspiracy” del 2014, incentrato sul marcio presente negli allevamenti intensivi nel mondo. Ancor prima della pubblicazione su Netflix, il National Fisheries Institute (NFI) ha fatto sentire la propria voce, criticando aspramente il lavoro svolto. Ecco le parole del presidente John Connelly: “Quando produci un pezzo di propaganda vegana di 90 minuti e lo definisci un documentario, stai dichiarando il falso”. Un titolo destinato a far discutere e, nella speranza di Tabrizi, stimolare una presa di coscienza maggiore da parte delle masse.

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