L'attore e campione di arti marziali lanciò una moda mondiale e divenne una star, ma morì misteriosamente all'apice del successo
Bruce Lee il 27 novembre 2020 avrebbe compiuto 80 anni, se non fosse morto all’età di 32 nel 1973. Lo ricordiamo non solo come personaggio cinematografico, ma anche e sopratutto come fenomeno sociale e culturale significativo. Con i suoi film portò il Kung Fu sulla ribalta globale, diventando uno dei Cinesi più famosi nel mondo, ritrovandosi di fatto a essere un ponte tra le culture: mostrava all’Occidente l’arte del combattimento tenuta segreta per secoli dai maestri orientali. Per questo e anche per il suo personale stile, fuori dalle ortodossie delle diverse scuole, molti lo avversavano in Oriente. La moda del Kung Fu dilagò nei primi anni ’70, arrivando con centinaia di titoli nei cinema , allora il principale intrattenimento, ma anche nelle palestre, dove esplosero le iscrizioni ai corsi di arti marziali, e perfino nella musica: la canzone “Kung Fu fighting” di Carl Douglas” nel 1974 fu uno dei singoli più venduti nel mondo.
Bruce Lee è il simbolo di tutto questo, incarnando un personaggio cinematografico violento, ma timido; vendicatore, ma pronto ad arrendersi alla giustizia; sex-symbol, ma impacciato con le donne; sempre dalla parte dei deboli e degli oppressi; oppositore delle discriminazioni.
Il significato del cinema di Bruce Lee, al di là del giudizio critico sui film, che sono realizzati per fare cassetta, va ricercato anche nelle tensioni sociali dell’epoca, nel malessere delle periferie e delle classi sociali in difficoltà e alla ricerca di rivalsa, in Oriente come in Occidente.
Come per altre celebrità morte giovani, anche il decesso per emorragia cerebrale di Bruce Lee a casa di un'amica a Hong Kong ha alimentato a lungo dubbi, ipotesi da verificare, sospetti. Lascia soltanto sei film da protagonista, di cui due completati e usciti anni dopo la sua morte, quando la moda del Kung Fu era completamente passata, ma la fama di Bruce Lee era già diventata leggenda. La notorietà era arrivata per lui nel 1966 con la partecipazione alla serie tv americana “Green Hornet (Il Calabrone verde)", ma il successo internazionale dell’ attore, regista, atleta e cultore di filosofia era scoppiato con i suoi film prodotti a Hong Kong: “Il furore della Cina colpisce ancora” (1971); “Dalla Cina con furore” (1972); “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente” (1972). Il primo a uscire nel nostro Paese fu il secondo della serie e per questo la sequenza logica dei titoli italiani è invertita. Dopo il terzo film, girato in buona parte a Roma, Bruce Lee è una star mondiale e il successivo film, “I tre dell’Operazione Drago” (1973) è prodotto da Hollywood, che per la prima volta realizza un film di arti marziali e ne affida la parte del protagonista a un attore cinese. Bruce Lee era nato a San Francisco da famiglia proveniente dalla Cina, ma visse a Hong Kong fino al 1959, cominciando la sua carriera cinematografica e diventando famoso in Oriente. Poi si trasferì negli Stati Unti, dove insegnò arti marziali e recitò per la tv. Tornò quindi a Hong Kong. Con i film prodotti lì Bruce Lee diventò ciò che voleva essere: una stella del cinema.
approfondimento
Bruce Lee: la storia dell'attore simbolo delle arti marziali. FOTO
Dopo “I tre dell’Operazione Drago” (1973), Bruce Lee avrebbe dovuto dirigere “L’ultimo combattimento di Chen”, ma la morte improvvisa lo impedì. Il film venne comunque completato dai produttori con scene già girate e l’aggiunta di altre sequenze realizzate con la controfigura. Uscì nel 1978. Tre anni più tardi un’altra spregiudicata operazione commerciale con l’uscita di “L’ultima sfida di Bruce Lee”, assemblato con scarti e riutilizzo di scene edite. Dopo la morte di Bruce Lee sono stati molti a tentare di calcare le orme del maestro, perfino inventando pseudonimi simili al suo, ma nessuno ci è riuscito, anche perché le tendenze e l’industria del cinema sono cambiate. Ieri una star cinese era una sensazione, oggi la Cina è una delle potenze dominanti del cinema mondiale. Hollywood non si è scordata di Bruce Lee e del suo mito. Vale la pena citare per esempio Quentin Tarantino, che in “Kill Bill Vol. 1” ha vestito il personaggio di Uma Thurman con la tuta gialla indossata da Bruce Lee in “L’ultimo combattimento di Chen”. In “C’era una volta Hollywood”, poi, lo vediamo interpretato da Mike Moh in una sfida con Brad Pitt/ Cliff Booth. Stavolta però, e non era mai accaduto, Bruce Lee le prende di santa ragione!