Diretta dal figlio Edoardo Ponti, Sophia Loren torna da protagonista nel film "La vita davanti a sè" in onda su Netflix dal 13 novembre. Una storia piena di vita e passione che l'attrice e icona del cinema mondiale ha interpretato con grande intensità. "Non mi sono mai sentita una diva, ho sempre e solo amato il mio lavoro"
Sophia Loren è una Diva senza tempo ed è anche una di quelle attrici la cui presenza non passa di certo inosservata sullo schermo. E’ così anche nell’ultimo film che la vede protagonista, diretta dal figlio Edoardo Ponti e affiancata dal giovane, e talentuoso Ibrahima Gueye. Il film, su Netflix dal 13 novembre, è “La vita davanti a sè” tratto dall’omonimo romanzo di Romain Gary.
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LA TRAMA
Ambientato a Bari, il film racconta la storia di Madame Rosa, un’anziana ebrea ed
ex prostituta che per sopravvivere negli ultimi anni della sua vita ospita nel suo piccolo appartamento una sorta di asilo per bambini in difficoltà. Riluttante, accetta
di prendersi carico di un turbolento dodicenne di strada di origini senegalesi, di
nome Momo. I due sono diversi in tutto: età, etnia e religione. Per questo all’inizio
la loro relazione è molto conflittuale, ma ben presto si trasformerà in un’inaspettata
e profonda amicizia, quando, nonostante tutto, si renderanno conto di essere
anime affini, legate da un destino comune che cambierà le loro vite per sempre.
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IL RACCONTO DI SOPHIA LOREN
Una storia delicata quanto difficile, fatta di tensioni, abbandoni, rifiuti ma anche di speranza e accettazione dell’altro. Sophia Loren, instancabile sul set così come ha detto il figlio e regista, si è prestata con grazia, coraggio e naturalezza a rivestire i panni di una donna volitiva e spigolosa ma anche capace di grande umanità. Intervistata insieme ad Edoardo Ponti, ha raccontato questo suo ennesimo viaggio in quella magia chiamata cinema. “Tutti i personaggi che interpretiamo sono sempre delle sfide, dice la Loren, questo era particolarmente difficile perché Madame Rosa è una donna con tanti lati e colori, è forte e irriverente, fragile, dura ma anche tenera. In fondo era una bellissima sfida. Non ho fatto male perché quando ho rivisto il film sono stata veramente orgogliosa di me stessa!”. “Una pellicola, prosegue l’attrice, che parla di tolleranza e perdono e del potere dell’amore. Tutti noi abbiamo il diritto di essere ascoltati”. Dello stesso avviso anche il regista Edoardo Ponti secondo cui: “la storia è un bellissimo racconto d’amore e di amicizia tra due persone che apparentemente sono separate da tutto, dalla razza, dalla religione dalla cultura e anche dall’età ma a poco a poco si riconoscono e imparano a conoscersi”. Una regia pulita, attenta ai dettagli e delicata che Ponti ha voluto fosse particolarmente vitale “volevo raccontarla con un’enorme vitalità, ha detto il regista e figlio della Loren, con dei colori forti, con dei ritmi per creare un contrappunto tra il tono emotivo del film e il suo tono estetico. Volevo che il film respirasse questo enorme desiderio di passione per la vita.” E a proposito di desiderio e vita, di passione e ricordi, la Loren si rende conto che: “tutta la mia vita è un bellissimo ricordo di persone che mi hanno ispirata, aiutata e che sono state accanto a me”.
In chiusura il tempo per un paio di domande: “Non so come si diventa Sophia Loren, dice ridendo, bisogna volerlo e provarci! Magari si può iniziare trovando un nome adatto come fecero con me. Scelsero un nome simile a quello di un’attrice svedese dell’epoca che si chiamava Marta Toren. Si ispirarono a quel nome per trovare il mio!”. Icona senza tempo, lei che proprio diva non si è mai sentita: “Non mi sono mai sentita una diva. Amo il mio lavoro e cerco sempre di farlo al meglio”.