Dal 27 novembre al cinema con “Una breve storia d’amore”, nei panni di un cinquantenne sposato e un po’ sui generis, l'attore si racconta al vicedirettore di Sky TG24 Omar Schillaci nella nuova puntata del ciclo di interviste dedicato ai protagonisti dello spettacolo
È Adriano Giannini il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Roberto Contatti, l’attore e doppiatore si racconta in “Adriano Giannini – Cinema, cani, girasoli”. In onda mercoledì 26 novembre alle 21:00 su Sky TG24, sabato 29 novembre alle 12:00 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand.
Giannini si racconta, dai ricordi di infanzia alla recitazione, dal doppiaggio alla passione per le fiabe
Dal 27 novembre al cinema con “Una breve storia d’amore”, esordio alla regia per Ludovica Rampoldi, nei panni di Rocco, un cinquantenne sposato e un po’ sui generis: “Viene presentato come giocatore di chessboxing, una disciplina in cui si alternano round di scacchi a round di pugilato, il che la dice già lunga sul mio personaggio” ha scherzato. La storia è quella di “due coppie che si intrecciano, una più matura, con me e Valeria Golino, e una più giovane, con Pilar Fogliati. È una storia che è un po’ commedia, un po’ thriller e un po’ romance, tre registri molto complessi da far combaciare. La sfida è stata proprio questa: muoversi tra questi generi rimanendo credibili per il pubblico”. Il motore però, rimane sempre “L’amore: ogni personaggio farà un percorso per metterlo in discussione e questo porta inevitabilmente ad una grande evoluzione del concetto di coppia”.
Ma facendo un passo indietro, la storia di Adriano Gianni parte da Roma, molto tempo fa: “Mio padre c’era poco, anche perché i miei si sono separati quando avevo 2-3 anni ed erano gli anni 70’, era al culmine del successo e lavorava sempre. Mia madre invece aveva smesso di fare l’attrice e si era data al doppiaggio”. Da bambino si ricorda “solitario e taciturno, come oggi del resto”, ma anche “pigro e indolente. Ad esempio, gattonavo velocissimo, quindi non mi andava di alzarmi in piedi. Avevo un ritardo anche nel parlare, si erano anche un po’ preoccupati”. Della sua infanzia ricorda di essere sempre stato circondato da cani, una presenza che lo ha accompagnato poi per tutta la vita, e proprio su quell’infanzia circola da tempo un aneddoto diventato quasi una piccola leggenda e che racconta sorridendo: “I giornali hanno scritto che una volta tirai un piatto di maccheroni a un giornalista, e in effetti è vero… ma avevo 3 o 4 anni. Mi ero innervosito perché tutti mi toccavano, mi strizzavano le guance e mi chiedevano sempre di mio padre. All’ennesima domanda gli lanciai addosso un piatto di maccheroni al sugo”. Il percorso davanti alla macchina da presa però nasce lentamente, e quasi per caso, dopo anni passati dietro l’obiettivo: “Ho fatto l’operatore per 11 anni. Ho iniziato dopo il liceo perché non avevo nessuna idea di cosa sarebbe stato il mio futuro e non volevo perdere tempo. Avevo fretta. Poi mia madre fece un film e le chiesi se potessi farne parte per racimolare quattro lire. Serviva un operatore ed eccomi lì. È stata una grande scuola”.
Tra le esperienze più formative di quel periodo, Giannini ricorda in particolare l’incontro con grandi maestri come Olmi e Tornatore, e un episodio che gli fece intuire che la sua strada sarebbe cambiata: “La miccia è scattata quando su un film di Tornatore “Una pura formalità” lavoravo come operatore a un primo piano di Gerard Depardieu cercando di metterlo a fuoco. Rimasi incantato da Depardieu che quasi dimenticai il mio ruolo. Lì iniziai ad appassionarmi a quello che accadeva oltre la macchina da presa, non più da un punto di vista meramente tecnico, ma artistico”. Un’altra tappa importante arriva con Paolo Sorrentino e ‘Le conseguenze dell’amore’, film che gli offre un ruolo decisivo e un metodo di lavoro totalmente nuovo, ad esempio “Paolo non volle che io e Toni Servillo provassimo le scene e capii immediatamente le sue capacità e il suo modo di raccontare. Poi con Toni mi trovai subito bene perché è un attore dalla grande intelligenza”.
Ma accanto alla recitazione, da anni porta avanti anche un’altra parte fondamentale del suo lavoro: il doppiaggio. Un’eredità di famiglia diventata poi una vera seconda professione: “Mio padre aveva già doppiato Jack Nicholson, poi io doppiai Heath Ledger e Joaquin Phoenix, quindi almeno Joker è una cosa di famiglia. Il doppiaggio è un lavoro complesso che ho affrontato con molta umiltà su consiglio dei miei. È una palestra molto difficile, i miei primi tentativi erano imbarazzanti, all’inizio non riuscivo”. Tra i suoi progetti più intensi, Giannini ricorda ‘In Treatment’, un’esperienza attoriale atipica per tempi, struttura e profondità emotiva, “perché non capita a tutti gli attori l’occasione di dover tenere una scena di 30 minuti sul divano. Il cinema è fatto di piccoli tagli, ma lì tutto avveniva nello stesso momento per restituire il tempo come fosse uno spettacolo teatrale. Un’esperienza unica di recitazione cinematografica così teatrale…” ha spiegato. In altre occasioni, invece, la trasformazione fisica è stata parte integrante del ruolo, come per ‘Adagio’, nell’universo cupo e teso di Stefano Sollima, che per il ruolo “mi voleva ‘grosso’. Quindi in un mese mangiai quanti più grassi e zuccheri possibili. Riuscii a prendere 10 kg ma il mio metabolismo ne risentì. Diciamo che sarebbe stato diverso farlo a 30 anni. L’ho fatto per Stefano ma oggi non lo farei più” ha confessato. Sfida completamente diversa quella affrontata in ‘Supersex’, dove si è trovato di fronte a un personaggio complesso e multiforme, da capire e ricostruire con attenzione: “Avevo un personaggio molto difficile e quasi non volevo farlo. Era un personaggio che faceva tutto, troppo, tanto. E anche quel dialetto abruzzese non me lo rendeva facile. Però poi ho accettato la sfida e ho capito, ci sono entrato veramente dentro e ho scoperto che alla fine i personaggi più complessi, se li capisci, diventano paradossalmente i più facili perché ti danno tanti spunti a cui aggrapparti”.
In chiusura, invece, il Giannini scrittore e la passione per le fiabe. Durante la pandemia ha infatti dato forma a una fiaba che custodiva da anni, ispirata da un’immagine semplice e potentissima. “Stavo guidando e ho visto un campo di girasoli immenso e ho pensato: ‘Pensa un po’, questi fiori non si sono mai visti!’, perché i girasoli seguendo il sole guardando sempre la nuca del compagno. Ho immaginato cosa accadrebbe se una tempesta sconvolgesse quell’ordine e mettesse due girasoli uno di fronte all’altro, a guardarsi negli occhi e soprattutto cosa accadrebbe se quei girasoli si innamorassero e per rivedersi cercassero di rompere la legge naturale che li obbliga a seguire il sole”.