Stories, "Pierfrancesco Favino - Sogniamo in 16:9". VIDEO

Spettacolo

In sala dal 13 novembre con “Il Maestro”, il nuovo film di Andrea Di Stefano, Pierfrancesco Favino si racconta al vicedirettore di Sky Tg24 Omar Schillaci nella prossima puntata del ciclo di interviste dedicate ai protagonisti dello spettacolo

È Pierfrancesco Favino il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Roberto Contatti, l’attore si racconta in “Pierfrancesco Favino – Sogniamo in 16:9”, lunedì 10 novembre alle 21.00 su Sky TG24, sabato 15 novembre alle 12.00 su Sky Arte e sempre disponibile on demand.

 

 

"CON  IL MAESTRO RACCONTIAMO LA STORIA DI DUE PERDENTI CHE TROVANO LA VITTORIA NO n SUL CAMPO, MA NELLA VITA” 

Una lunga intervista, tra aneddoti, ricordi e successi, a pochi giorni dall’uscita de “Il Maestro”, il nuovo film di Andrea Di Stefano, nelle sale dal 13 novembre. “È la storia di un bambino con un papà che lo vuole campione” – racconta – “e per questo lo affida a un maestro per affrontare tutta la trafila dei tornei regionali e poi nazionali”. Nel film interpreta Raul Gatti, “un guascone, uno che prende la vita a morsi, che non pensa né al futuro né al passato. Sa fare una cosa sola: giocare a tennis. Deve rimettere a posto la sua vita e trovando questo ragazzo troverà anche il modo di guardarsi dentro.” E proprio il rapporto tra maestro e allievo diventa il cuore emotivo del film: “La cosa bella di questa storia è che non si instaura un rapporto paterno tra maestro e allievo. Nessuno ha aspettative, non provano mai a piacersi. È per questo che poi riescono a tirare fuori chi sono veramente.” Un ruolo, quello del maestro, che gli ha permesso di riscoprire il valore delle seconde possibilità: “È la storia di due perdenti che trovano la vittoria non sul campo da tennis, ma nella vita.”, ma soprattutto un personaggio che, spiega, “mi assomiglia più di quanto mi siano assomigliati altri ruoli. Ho spesso interpretato uomini forti, vincenti, con una forza che ho faticato a portare addosso. Il Maestro invece mi ha dato la libertà di offrire un lato diverso di me. È un personaggio perfetto per una commedia, di quelle che si facevano una volta.”

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“IL MIO PRIMO PROVINO? UN INCUBO. MI TINSERO I CAPELLI DI ROSSO TIPO SINNER"

Nel corso dell’intervista Favino riflette sul suo mestiere e sul percorso che lo ha portato a diventare uno dei volti più amati del cinema italiano. “A sette anni volevo già fare l’attore, ma non so perché. Ogni tanto mi sveglio oggi e penso: ‘Ma sono sicuro di voler fare l’attore?’” – confessa sorridendo – “È avvenuto per paradosso in modo naturale, come se non potessi fare altro. Mi piace moltissimo farlo, ci sono nato, ma ancora oggi mi interrogo.” Non mancano i momenti più difficili: “Ho avuto anni in cui non lavoravo e facevo altro. Facevo fatica a convincere le persone che potessi fare certi ruoli, e capisco anche perché non me li facevano fare. A vent’anni sembravo trentenne, non ero figo, non ero giovane, e non ero adatto a raccontare la giovinezza. Ma quando hai vent’anni non lo capisci. Mi ero dato anche una deadline, oltre la quale avrei smesso se le cose non fossero andate bene. Poi, per fortuna, è andata così.” Racconta anche l’episodio del suo primo provino, che definisce “un trauma”: “L’ho fatto per il ruolo di protagonista di un film che si chiamava ‘Una questione privata’. La casting era felicissima, ma il regista non era convinto della mia fisicità: mi disse ‘sei troppo scuro’. Mi tinsero i capelli e venni fuori rosso carota, tipo Sinner ma con questa faccia. Poi sparirono… Mi presero per un ruolo piccolissimo e non mi piacque per niente. Il caso volle che quel regista, anni dopo, fu proprio quello che mi fece esordire da protagonista.” E aggiunge: “I personaggi mi devono sfidare, devono darmi qualcosa che ho voglia di investigare. Dopo tanti anni, so bene cosa voglio ancora imparare a fare. La recitazione è un viaggio che non finisce con l’ultimo film, ma va avanti con l’artista che sei.” Poi ammette: “Il ruolo del Maestro è arrivato in un momento di fortissima disillusione sul mio percorso artistico, sull’utilità di quello che faccio, sulla possibilità di emozionare o meno. Nel fare il mio mestiere trovo un senso alla mia vita, quando quel senso sfugge un attimo ho provato paura. Andrea Di Stefano è stato bravo a coglierlo.” C’è spazio anche per il Favino più privato, quello che parla della sua famiglia e del suo modo di vivere, partendo dall’infanzia. “Casa Favino? Siamo tantissimi, in sei. Una tribù in cui sono l’ultimo arrivato e ho dovuto imparare un linguaggio che era già rodato. C’era tanta ironia, scambi, curiosità.” Di sé bambino dice: “Ero tranquillo, facevo divertire gli altri. È la cosa che mi ha spinto a fare questo mestiere: stemperare le ansie divertendo e divertendomi. Avevo un amico immaginario che si chiamava Marco e mia madre mi dava corda.” Un’indole comica che affiora sin dal liceo, dato che “imitavo tutti i prof e venivo spesso rimproverato e ripreso. Per amor di battuta ho preso un sacco di note. Ma se ho una battuta non riesco a tenermela” racconta. 

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"È grazie al cinema se sogniamo in 16:9"

Quella stessa vena comica che abbiamo potuto apprezzare nella prima stagione di Call My Agent - Italia, quando nei panni di Che Guevara non riusciva più ad uscire da quel personaggio: “Il Che è un ruolo che vorrei davvero interpretare, ed è una delle parti a cui tengo di più, perché alla fine io quello volevo fare: l’attore comico.” Sul suo rapporto con il tennis scherza: “Io lo amo, lui mi stima. È un amore non ricambiato.” Sull’amore invece, nessuna ironia: “In amore sono un grande tifoso della mia compagna. Abbiamo sempre condiviso tutto, anche le cose pratiche. Ci equilibriamo molto.” E sulla paternità aggiunge: “Tento di essere un papà che ascolta. Do delle regole, ma il mio obiettivo è renderli liberi. Cerco di essere presente nelle loro vite e nelle loro scelte.” Poi, per concludere, un appello che suona come un vero e proprio messaggio d’amore per il cinema: “Il fatto che così tante persone spendano le loro energie per una singola inquadratura è una cosa che non ha prezzo. E lo dico in un momento in cui si vuole ridurre quello che facciamo a un mero valore commerciale. Non pretendo che si capisca e che per alcuni posso sembrare retorico. Ma io lo so e lo sa anche la gente che è stata ‘cambiata’ dai film. Quelle persone sono diverse perché hanno potuto sognare il sogno di qualcun altro e questa cosa non è riducibile a un costo. È grazie al cinema se sogniamo in 16:9

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STORIES: “PIERFRANCESCO FAVINO – SOGNIAMO IN 16:9” IN ONDA LUNEDÌ 10 NOVEMBRE ALLE 21:00 SU SKY TG24 (CANALI 100 E 500 DI SKY E CANALE 50 DEL DTT), SABATO 15 NOVEMBRE ALLE 12:00 SU SKY ARTE E DISPONIBILE ON DEMAND E SU SKYTG24.IT

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