Uno dei più grandi protagonisti della canzone italiana raccontato nel volume Miti Italiani della Enciclopedia italiana Treccani, con oltre 180 foto d’epoca di cui molte rare e mai viste, in tutte le sue stagioni, dai primi anni '60 a Hegel, ultimo disco del 1994, che segnò la scomparsa della sua immagine dagli obiettivi
Lucio Battisti ha segnato come nessun altro la canzone italiana di fine Novecento e trova ora, grazie all’Istituto della Enciclopedia Italiana, il riconoscimento dovuto a un mito che ha fatto diventare veramente grande e moderna la canzone italiana, rinnovando la scena musicale - dapprima con Mogol, poi con Velezia e Pasquale Panella - come e più dei Beatles. Meritata quindi la consacrazione della Treccani con il secondo volume della collana “Miti italiani”, l'opera più ricca e accurata che sia mai stata dedicata al cantautore di Poggio Bustone (Rieti).
Battisti è raccontato nelle varie stagioni della sua vita artistica. C’è il giovanissimo provinciale che coltiva sogni di musica e fatica per anni nel girone dei complessi poveri, in giro per l'Europa a fare juke box delle canzoni altrui. C’è il ragazzo cresciuto, che con genio e tenacia riesce a emergere, in una Milano musicale che non c'è più, sotto l'ala protettrice di Giulio Rapetti, in arte Mogol, già allora un boss della musica italiana.
C'è il compositore che lotta per essere anche interprete, a dispetto delle sue incomprese doti vocali, e con una straordinaria serie di brani diventa apprezzato e famoso, a partire dal geniale brano 29 settembre, interpretato da Maurizio Vandelli e dalla sua Equipe 84. A partire dagli anni ’70 Battisti è una star ormai riconosciuta che scrive pagine memorabili, per sé e per altri, terremotando non solo le classifiche dei 45 giri ma cercando vie originali anche con gli album.
Lo slancio ispirativo e la voglia di novità si scontrano però con “la intronata routine del cantar leggero”, come confesserà un giorno, da cui la rottura del sodalizio con Mogol, sulla quale sono stati versati fiumi di inchiostro.
Battisti è libero di affrontare nuovi territori, seguendo un istinto di esperimento che per certi versi lo riporta agli anni giovanili. È attratto dall'elettronica, ma è affascinato anche dalle possibilità di una nuova poetica dei testi, dai giochi linguistici di un talentuoso parolibero come Pasquale Panella.
Su alcuni testi del tardo periodo si è molto dibattuto: nel volume si parla dell’attribuzione ufficiale a Velezia, pseudonimo della moglie Grazia Letizia Veronese, che secondo alcuni sarebbe invece il nom de plume di Lucio per mascherare, almeno in parte, l’evidente autobiografismo delle parole.
Di fatto con “E già” inizia la serie dei cosiddetti “dischi bianchi”, lontanissimi dalle accattivanti canzoni del primo periodo e proposti in album che volutamente si presentano spogli, con semplicissimi, misteriosi segni grafici.
Il Battisti dei cinquant'anni è un artista che intende far parlare la musica e solo quella, nascondendo accanitamente la propria figura come l'amica Mina, sua grande estimatrice. E l’arte dell’assenza durerà fino alla morte nel novembre 1998, quattro anni dopo il suo ultimo LP.
Un'eredità artistica che parla per immagini
Nel libro il racconto è importante ma ancora di più spicca lo straordinario apparato iconografico, con oltre 180 foto d'epoca molte delle quali rarissime e poco viste.
Per tutti i '60 e '70 Battisti è molto fotografato ma con gli anni le occasioni diradano e con gli '80 Battisti diventa un vero e proprio fantasma, immaginato, fantasticato ma non più inquadrato da obiettivi e telecamere. E nei suoi “dischi bianchi” parlano solo le copertine. Lucio Battisti è stato una star internazionale e solo negli Stati Uniti non è riuscito ad avere la fama che pure cercò e che avrebbe desiderato; in Gran Bretagna ha avuto dischi in classifica e la sua figura è stata celebrata e apprezzata anche in Germania, Spagna, Francia, nei Paesi scandinavi e in Sudamerica.
A occuparsi di questo volume i suoi principali biografi. Riccardo Bertoncelli ha curato il volume e scritto il primo capitolo dedicato agli inizi di carriera, Renzo Stefanel si è occupato di “Battisti alla Numero Uno”, Franco Zanetti ha trattato “la svolta di E già”, Andrea Podestà ha raccontato di “Battisti-Panella e i dischi bianchi” e Michele Neri ha riassunto la corposa storia di “Battisti americano (e non solo)”. Stefanel ha anche redatto quindici schede raccontando le storie, spesso strane e colorite, che stanno dietro a quindici canzoni tra le più famose e significative del repertorio.
