Daniel Barenboim: “Chi non conosce la musica è più povero spiritualmente”. VIDEO

Spettacolo
Chiara Ribichini

Chiara Ribichini

Foto: Brescia - Amisano

Il grande direttore d’orchestra e pianista, tornato alla Scala per dirigere la Filarmonica in una serata dedicata a due capolavori di Schubert, si racconta a Sky Tg24. La prima esibizione in pubblico, a soli 7 anni, l’impegno per la pace in Medio Oriente, l’attenzione ai giovani e all’educazione musicale, ma anche il suo pensiero sulla guerra in Ucraina e sulla situazione in Israele. L’INTERVISTA

“Chi non conosce la musica è più povero spiritualmente”. È tra i più grandi direttori d’orchestra e pianisti della storia. Artista e uomo di pace. Grande Maestro, da sempre attento ai giovani e alle nuove generazioni tanto da aver fondato il primo asilo musicale al mondo. Abbiamo incontrato Daniel Barenboim in occasione del suo concerto straordinario con la Filarmonica del Teatro alla Scala dedicato a due capolavori di Schubert: la sinfonia in si minore D759 "Incompiuta” e la sinfonia in do maggiore D944 "Grande”. Un ritorno, per lui, in quella che definisce la sua seconda casa. Un’occasione unica per vedere dal vivo un gigante che qualche mese fa, a causa di una malattia neurologica che lo ha colpito, ha dovuto cancellare molti dei suoi impegni.

Il Maestro, nato a Buenos Aires da genitori russi di origini ebraiche e che ha anche la cittadinanza israeliana, spagnola e la palestinese, ha ripercorso a Sky Tg24 la sua lunga carriera iniziata da bambino quando, a soli 7 anni, si esibì al pianoforte per la prima volta davanti al pubblico. Ma ha parlato anche della guerra in Ucraina e della situazione in Israele.

Maestro, torna a dirigere un'orchestra che lei conosce bene visto che è stato direttore di questo teatro fino al 2014. Come ha trovato l'orchestra?

In grande forma. Ho avuto grande fortuna perché le orchestre non si intendono sempre bene con i direttori. È rimasta una grande qualità e non si è persa.

 

Quali sono i punti di forza della Filarmonica della Scala?

Gli archi hanno un bellissimo suono latino. Gli ottoni hanno veramente molta forza. Sono bravissimi. E anche i fiati. Devo dire che è davvero un'orchestra molto bene equilibrata.

 

Lo scorso febbraio fu chiamato a sostituire last minute Daniel Harding e salì sul podio per dirigere le ultime tre partiture sinfoniche di Mozart. Questa volta dirige due degli ultimi capolavori di Schubert. Nei diari del 1822, anno di composizione della sinfonia "Incompiuta”, Schubert scriveva: “Quando volevo cantare l’amore non riuscivo a esprimere che il dolore e quando provavo a intonare il dolore ecco che si trasformava in amore”…

C'è tutto nella musica. Un accento cos'è? È una cosa dolorosa o è un momento di gioia? Ma c'è una tristezza molto profonda nella sinfonia "Incompiuta", molto profonda, tipica schubertiana di quel periodo lì. Ed è un capolavoro incomparabile.

 

Schumann diceva, parlando della sinfonia “Grande” di Schubert, che nella sua divina lunghezza, è piena di vita in tutte le sue fibre. È d'accordo?

È una sinfonia enorme, non soltanto per la durata, ci sono altre sinfonie molto lunghe, ma veramente la creazione di un capolavoro così vasto è qualcosa di straordinario.

 

Lei è stato anche Ambasciatore di pace, ha fondato la West Eastern Divan Orchestra, nel 1999, per mettere insieme musicisti ebrei ed arabi. Qual è il suo pensiero riguardo alla guerra che stiamo vivendo in Ucraina?

Un disastro. Ed è Inspiegabile. È veramente una tragedia.

 

E sulla situazione in Israele?

Pessima. Israele è stato creato dopo l'Olocausto e a causa di questo sono venute delle idee che hanno disturbato molto il futuro del Paese. I problemi dello Stato israeliano sono iniziati già da lì dimenticando che c'è una popolazione palestinese  lì da secoli. Non si può.

 

Nelle leggi Platone diceva che ogni uomo ha bisogno nella sua esistenza di armonia e ritmo. Lei stesso ha detto che la musica è un po' come il sonno: di giorno uno può non sentirne il bisogno, ma provate a stare senza. Qual è la relazione?

La musica è qualche cosa che dovrebbe essere fatta o almeno partecipata da tutti. Insomma, uno che non ha una relazione con la musica, è più povero spiritualmente.

 

Oltre alla sua carriera sia sul podio che al pianoforte, lei si è molto impegnato anche proprio nell'educazione musicale. Ha fondato un'accademia per i giovani e persino un asilo musicale a Berlino. Come si può insegnare musica a bambini già così piccoli?

È la cosa più facile del mondo. Non hanno complessi, non hanno paura, per loro è un gioco divertente. Ho creato questo asilo nel 2005. Nel 2015, dieci anni dopo, avevo la curiosità di sapere quanti di questi bambini stavano continuando con la musica, suonando uno strumento, cantando in un coro... sono rimasto sbalordito: l’80% dei bambini praticavano ancora la musica.

 

Lei ha iniziato a studiare pianoforte da bambino, è figlio di due pianisti. A sette anni per la prima volta si è esibito dal vivo. Che ricordo ha di quel momento?

Ero contentissimo e ho suonato sette bis. Poi sono uscito sul palcoscenico e ho parlato al pubblico spiegando che mi dispiaceva non poter suonare di più ma avevo fatto tutti i pezzi che conoscevo, non ne avevo ancora studiati altri.  

Ph Brescia e Amisano @Teatro alla Scala

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