Il discorso di Nazanin Boniadi sui diritti delle donne in Iran

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Nel discorso tenuto il 16 novembre all'evento dell'Academy Women's Luncheon a Los Angeles l'attrice e attivista iraniana ha invitato le donne dell'industria cinematografica hollywoodiana a mettere in luce le ingiustizie perpetrate contro le rivoluzionarie donne della Repubblica Islamica, oppresse dal governo teocratico prima e dopo la morte di Mahsa Amini

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“L’amara realtà è che la Repubblica Islamica è uno stato di apartheid per le donne, che sono segregate dagli uomini nel posto di lavoro, nelle classi e nelle spiagge; sono bandite dalle arene sportive, dal guidare biciclette, e dal cantare in pubblico; e devono sedersi nel retro del bus”. Così Nazanin Boniadi, attivista per i diritti umani e star de Gli anelli del potere, ha descritto la condizione femminile in Iran in occasione dell’evento dell’Academy Women’s Luncheon che il 16 novembre ha radunato a Los Angeles le donne dell’industria cinematografica di Hollywood. Boniadi ha ricordato la lotta delle donne iraniane che, per protestare contro la morte della ventiduenne Mahsa Amini (arrestata lo scorso settembre dalla polizia della morale per aver indossato male l’hijab e deceduta, secondo i testimoni, a causa delle percosse ricevute), hanno scatenato “la prima rivoluzione guidata dalle donne” al grido di “Donna, Vita, Libertà”. L’attivista, che ha definito le donne "le Rosa Parks dell'Iran", ha quindi invitato la comunità creativa a mettere in luce l’ingiustizia in corso nel Paese perché “in qualità di creativi, nel nostro lavoro facciamo affidamento sulla libertà di espressione, quindi dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per proteggerla nel caso in cui sia violata”.

LA LOTTA PER I DIRITTI DELLE DONNE

“Le donne sono scese in piazza e hanno non solo rimosso e sventolato i loro veli, ma anche dato loro fuoco e si sono tagliate i capelli in segno di protesta. Nonostante la minaccia di essere picchiate, stuprate, imprigionate o addirittura uccise”, ha aggiunto Boniadi, attivista sin dalla nascita: cullata nel grembo della madre allora diciannovenne, l’attrice iraniana ha partecipato alla sua prima protesta contro il nascente regime teocratico di stampo oppressivo durante la Rivoluzione islamica del 1979.  Quattro decenni dopo, la lotta delle donne per la conquista dei diritti ha raggiunto l’apice. “L’hijab obbligatorio è diventato il simbolo della lotta delle donne iraniane da quando è stato imposto quarantatré anni fa. Le donne in Iran non hanno leggi che le proteggano dalla violenza di genere. Il rovesciamento di molti diritti delle donne duramente conquistati all’inizio della Rivoluzione islamica, ha visto l’età legale per il matrimonio abbassarsi dai diciotto ai nove anni. Successivamente l’età è stata alzata a tredici anni, ma le ragazze più giovani si sposano ancora con il permesso del loro padre o di un giudice. Nell’Iran di oggi, le donne non possono viaggiare senza il permesso del loro marito o di un parente maschio prossimo”. Senza contare le limitazioni negli studi e nel lavoro: “Alle donne è vietato diventare giudici, offrire servizio nel Consiglio dei Guardiani, diventare Presidente o Leader Supremo”. Risulta poi paradossale che il Paese, oggi controllato dalla polizia della morale che rafforza il codice di abbigliamento e il comportamento islamici, abbia un tempo conquistato il diritto di voto per le donne nove anni prima della Svizzera e ospitato una compagnia di ballo nazionale e artisti pop femminili. "Secondo il Report sul Gender Gap Globale del 2022 del World Economic Forum, l'Iran occupa la 143esima posizione su un totale di 146 nazioni", ha specificato Boniadi.

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UN MODELLO DI CORAGGIO

“Negare queste cose come 'differenze culturali' destituisce le innumerevoli donne iraniane che stanno rischiando tutto per i loro diritti fondamentali. Le norme culturali non hanno bisogno di essere fatte rispettare con la minaccia di morte”, ha proseguito Boniadi, che ha inoltre sottolineato il personale privilegio di “stare qui con la possibilità di protestare contro le ingiustizie, mentre più di 15.000 manifestanti sono stati arrestati e centinaia uccisi – inclusi donne e bambini – per aver protestato pacificamente nella mia patria durante i due mesi passati”. L’esempio delle donne iraniane, che hanno sfidato “un sistema di misoginia patriarcale che le ha soggiogate per quattro decenni”, non può pertanto passare inosservato. “Certamente, abbiamo molto da imparare da loro”.

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