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Raffaella Carrà e gli "incontri ravvicinati" con Sordi e Benigni che hanno fatto la storia

Spettacolo

Giuseppe Pastore

Due momenti indimenticabili di televisione, distanti vent'anni tra loro, hanno contribuito a segnare la grandezza di Raffaella Carrà come conduttrice, artista e donna di spettacolo 

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Della Raffaella Carrà cantante (LO SPECIALE), state leggendo certamente da ore. Sulla Carrà attrice potete informarvi qui, in una gallery che va anche oltre le pellicole strettamente interpretate da lei, per citarne anche un paio in cui Raffaella si è fatta icona, simbolo di qualcosa, di un modo di vivere, a volte anche dell'Italia intera. Della Carrà ballerina, show-girl e poi show-woman, donna di spettacolo a 360 gradi ognuno di noi ha un ricordo ben preciso, che copre un arco temporale di quasi mezzo secolo. Ma è anche importante ricordare gli enormi passi avanti in materia di liberazione sessuale ed emancipazione femminile a cui Raffaella ha contribuito con il sorriso, con l'autoironia, con la leggerezza, ancora più importanti se praticate in un decennio cupissimo come gli anni Settanta italiani (e non solo, perché il valore culturale della Carrà è stato riconosciuto anche dall'insospettabile Guardian: “Raffaella Carrà è la pop-star italiana che ha insegnato all'Europa la gioia del sesso”, è stato scritto nel novembre 2020).

Ci sono due momenti televisivi distanti vent'anni che mettono Raffaella Carrà al centro della scena, come attrice prima protagonista e poi no, in ogni caso sempre decisiva per mandare quei momenti nell'immaginario collettivo dalla porta principale, e nella direzione giusta. Il primo è datato autunno 1971, quando la RAI trasmette l'ennesima edizione di Canzonissima. L'ospite d'onore della serata è Alberto Sordi: l'italiano medio, lo scapolo di mezza età che porta in scena “vizi e virtù” come da frase abusatissima sulla commedia all'italiana, comunque un personaggio bonario, un cinquantenne rassicurante che sta benissimo all'establishment democristiano che controlla la RAI e la tv italiana. Invece Raffaella Carrà non ha nemmeno trent'anni, è vitale, esuberante, sexy e in quell'edizione di Canzonissima ha proposto un balletto, il tuca tuca, incappato nella censura perché giudicato troppo sensuale e provocatorio, a cominciare dallo “scandaloso” ombelico in bella mostra. Il tuca tuca è un'idea di Gianni Boncompagni trasformata in coreografia da Don Lurio, pesi massimi della tv italiana che hanno studiato un modo per ripescare la loro creazione: coinvolgere Sordi e farlo ballare in diretta con la Carrà, per dimostrare la natura innocua e giocosa della canzone. L'incontro tra i due ha l'effetto di aprire una finestra in una stanza piena di aria viziata: dato il successo clamoroso, a nessuno verrà più in mente di discutere il tuca tuca.

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Il secondo risale al 19 ottobre 1991: la Prima Repubblica sta mandando scricchiolii sempre più percepibili, anche se gli italiani credono ancora che gli anni Ottanta possano durare per sempre così come la loro comicità, i personaggi, il modo di ridere. Siamo, in realtà, al canto del cigno del varietà all'italiana: giunto alla dodicesima edizione, anche un monumento come Fantastico 12 mostra segni di usura. L'intera edizione, affidata a Raffaella Carrà e Johnny Dorelli, ruota intorno a un momento di televisione memorabile: il dirompente numero comico portato in scena alla terza puntata da Roberto Benigni, certamente impensabile e impresentabile oggi, dove il politicamente corretto di facciata è più potente di quasi tutto il resto. Benigni trova in Raffaella Carrà una spalla formidabile per un monologo di liberatoria trivialità nell'elencare i vari modi di pronunciare gli organi genitali femminili e maschili, nell'ilarità generale di un pubblico prima sconcertato e poi esilarato, in cui se la ride a crepapelle anche Piero Angela. Messa in grandissima difficoltà da Benigni che le si getta letteralmente addosso all'ingresso in scena, la Carrà è straordinaria nel non perdere mai il controllo della situazione, stando al gioco con classe e autoironia, impeccabile contrappunto di un “partner” indemoniato che demolisce la sacralità del sabato sera degli italiani.

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