La nuova coreografia, firmata da Manuel Legris su musica di Delibes, ispirata all'Aminta di Tasso, inaugura la stagione di balletto. Debutto e novità assoluta che ridà vita a un grande classico dell'Ottocento, mettendo in risalto le qualità di tutto il corpo di ballo
“Se avessi conosciuto questa musica solamente un po’ prima certamente non avrei scritto Il lago dei Cigni. Che carisma! Che eleganza! Che ricchezza di melodie, ritmi e armonie!”. Così Pyotr Ilyich Tchaikovsky reagì a fine Ottocento quando vide Sylvia, il balletto sulla partitura di Léo Delibes che ora apre la nuova stagione del Teatro alla Scala di Milano (FOTO) dopo la grande inaugurazione della lirica con La Tosca di Giacomo Puccini con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Davide Livermore. Un debutto per il corpo di ballo e una novità assoluta. Ispirato al dramma pastorale Aminta di Torquato Tasso, Sylvia andò in scena per la prima volta nel 1876 per l’Opera di Parigi e venne rappresentata alla Scala nel lontano 1894. La prima Sylvia della storia fu un’italiana: Rita Galli. Nel solco della tradizione, l’ex étoile francese Manuel Legris ha creato la sua versione dando una nuova vita e una nuova linfa a uno dei grandi classici del repertorio.
Un balletto moderno con una musica infuocata
“Non è un balletto classico antico ma anzi è molto moderno e ha delle tematiche attuali. Il potere, l’amore, l’emancipazione femminile. Questa coreografia cucita perfettamente sulla musica credo sia perfetta” sottolinea la prima ballerina del Teatro alla Scala Martina Arduino a Sky Tg24. Una musica energica, potente, infuocata, che a tratti ricorda alcuni toni wagneriani, come spiega in conferenza stampa il direttore d’orchestra Kevin Rhodes, accompagna la protagonista, la ninfa di Diana. E aggiunge: “Solitamente per i personaggi femminili si usa una musica dolce e soft, con una predominanza di archi o legni. In questo caso invece è il contrario: si usa una melodia più romantica per l’uomo mentre Sylvia ha una musica potente”.
Tra natura e mito in una “Pompei scrostata”
Forte, cacciatrice, artefice del suo destino, Sylvia è una vera guerriera che, trafitta dalla freccia del dio Eros, scopre un lato più umano e romantico in una vicenda che intreccia natura e mito. Un mondo fiabesco evocato dall’allestimento di Luisa Spinatelli che si è ispirata per i colori a una “Pompei scrostata” ma anche alla botanica. “Ho tratto spunto dalla mostra dell’accademia di Brera che collegava l’orto botanico con i quadri. Ho iniziato dall’alloro per entrare nella poetica di questo mondo magico - racconta in conferenza stampa – Sono partita da tre elementi: acqua per il primo atto, fuoco per il secondo, aria per il terzo. Ho lavorato su questa traccia insieme a Manuel Legris. Il teatro nasce da un team”. E poi sorridendo: “Certo in un balletto così un costumista si diverte. Tra elfi, ninfe e dei”. “Sylvia ha un’ambientazione mitologica in cui Aminta è l’unico personaggio mortale all’interno del balletto. E’ un giovane pastore innamorato, nonostante non sia un principe ha un animo nobile” sottolinea il primo ballerino del Teatro alla Scala Claudio Coviello a Sky Tg24.
Una coreografia fresca e moderna firmata da Legris
Così, tra ninfe, elfi e dei dell’Olimpo, si snoda una coreografia fresca e moderna capace di esaltare le qualità di tutto i danzatori scaligeri. Primi ballerini, solisti e corpo di ballo. “Ho trovato una compagnia di altissimo livello” sottolinea Legris che ha creato questa versione per lo Staatsballett di Vienna lo scorso anno. Nominato étoile da Rudolf Nureyev nel 1986, a soli 21 anni, Legris si è scoperto coreografo di recente. Un po’ per caso. “Non ho mai pensato di fare il coreografo ma è capitato. Il mio stile? Nasce da una conoscenza profonda che io ho del balletto classico e dai grandi nomi con cui ho lavorato nella mia vita”. Così il direttore d’orchestra Rhodes racconta divertito: “Nel 1997/8 a Vienna Legris era un danzatore ospite. C’era una ballerina che doveva ballare con lui. Iniziò a dirgli una serie di cose e la portò rapidamente a un livello molto più alto. Così, sorpreso, gli chiesi quando avrebbe iniziato a fare anche il coreografo. E lui mi disse: mai”.