Il permafrost è in condizioni critiche: l’allarme di Serghei Zimov

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

Il condirettore della stazione di ricerca nord-orientale della Yakutia spiega che negli ultimi due anni il permafrost ha iniziato a sciogliersi ovunque nella regione e nei prossimi 10 anni rischia di sparire del tutto 

Nei prossimi 10 anni il permafrost potrebbe sparire del tutto: a lanciare l’allarme è Serghei Zimov, condirettore, assieme al figlio Nikita, della stazione di ricerca nord-orientale della Yakutia, una delle più grandi del mondo. “La situazione è critica, abbiamo passato la soglia di stabilità: negli ultimi due anni, infatti, il permafrost ha iniziato a sciogliersi ovunque nella nostra regione”, spiega l’esperto. “Se il trend continua di questo passo, nei prossimi 10 anni il permafrost rischia di sparire del tutto”, prosegue Zimov, per poi sottolineare che lo scioglimento, che secondo le previsioni si sarebbe verificato tra 100 anni, è già inziato.

Le conseguenze dello scioglimento del permafrost

Oltre ad essere il condirettore della stazione nord orientale della Yakutia (la quale è affiliata all’Accademia delle Scienze russa), Serghei Zimov è anche il fondatore del Parco del Pleistocene, una riserva naturale che mira a ricreare l’ecosistema della steppa dei mammut e rallentare di conseguenza gli effetti del cambiamento climatico. Il deterioramento del permafrost è visibile nell’area di Chersky, che si trova oltre il circolo polare artico. Zimov spiega che l’impatto del cambiamento climatico in Yakutia è particolarmente grave, in quanto il permafrost della regione non è ricco solo di CO2, ma anche di metano, un gas serra 25 volte più potente dell’anidride carbonica. L’istituzione del Parco del Pleistocene, avvenuta nel 1996, ha dimostrato che la geo-ingegneria nell’Artico può essere fondamentale non solo per ridurre lo scioglimento del permafrost, ma anche per abbassare i livelli di gas serra nell’atmosfera terrestre. 

Le sostanze inquinanti rilasciate dallo scioglimento del permafrost

Negli scorsi mesi, Sue Natali, ricercatrice del Woods Hole Hole Research Center, ha dimostrato che lo scioglimento del permafrost sta contribuendo alla diffusione nell’atmosfera di sostanze altamente inquinanti, alcune delle quali risalirebbero addirittura al Pleistocene. L’esperta ha osservato in prima persona le conseguenze del riscaldamento globale nelle zone artiche e ha scoperto che lo scongelamento del permafrost sta rilasciando emissioni di carbonio, mercurio tossico e malattie dimenticate. 

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