Denti da latte di 31.000 anni fa svelano misteri migrazione umana

Scienze
I resti degli antichi siberiani spiegano le origini dei Nativi Americani (Getty Images)

I resti trovati nella Siberia nordorientale mostrano sorprendenti analogie genetiche con i Nativi Americani, aiutando i ricercatori a comprendere le origini di questa popolazione 

L’uomo abitava una regione estrema come la Siberia già verso la fine dell’ultima era glaciale, ben 31.000 anni fa. Incredibilmente, a rivelare la sua presenza, della quale non si sapeva nulla finora, sono stati un paio di denti da latte ritrovati in un sito archeologico in prossimità di un fiume. Le analisi del Dna di questi reperti, realizzate dall’Istituto Max Planck per la Scienza della Storia umana, hanno consentito ai ricercatori delle università di Cambridge e Copenhagen di rilevare analogie genetiche con i Nativi Americani, aiutando così a recuperare “un importante pezzo del puzzle” utile a ricostruire quella che secondo gli autori rappresenta una parte significativa dell’esistenza umana.

Uomo si adattò alle condizioni estreme della Siberia

Il primo legame genetico con i Nativi Americani trovato all’esterno degli Stati Uniti conduce dunque alla Siberia nordorientale e ai minuscoli denti da latte rinvenuti nei pressi del fiume Jana, in un sito scoperto nel 2001 e che aveva rivelato finora resti di ossa animali e strumenti di pietra, segno della presenza passata dell’uomo. Il Dna ottenuto dai denti di bambini ha però confermato definitivamente che, circa 31.000 anni fa, gli uomini furono in grado di adattarsi alle condizioni estreme della regione siberiana e di sopravvivere cacciando mammut, bisonti e rinoceronti. Secondo Martin Sikora, autore principale dello studio pubblicato su Nature, i risultati ottenuti “cambiano molto le nostre conoscenze sulla storia della popolazione siberiana nordorientale, ma anche su ciò che sappiamo in generale sulla storia della migrazione umana”.

Antichi siberiani evoluti insieme a eurasiatici

Le analisi del Dna dei denti da latte ritrovati sono poi state confrontate con 93 campioni genetici di abitanti odierni di Siberia, Alaska e Canada, un paragone che ha permesso di verificare, come spiega il coordinatore dello studio Eske Willerslev, che “gli antichi siberiani si sono evoluti nello stesso periodo degli antenati dei moderni eurasiatici ed è probabile che a un certo punto abbiano occupato vaste regioni dell’emisfero settentrionale”. Le somiglianze genetiche tra la popolazione scoperta e i contemporanei abitanti del Nord America aiutano i ricercatori a completare il mosaico relativo alla comprensione delle origini dei Nativi Americani, che giunsero negli attuali Stati Uniti proprio dalla Siberia, entrando dall'Alaska.

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