Tsunami nel Mediterraneo, le coste italiane sono a rischio

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)
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La prima mappa di pericolosità delle onde anomale nell’area mediterranea ha identificato come zone più a rischio la Sicilia orientale, la Calabria ionica, il Salento e il Golfo di Taranto 

Anche le coste della Sicilia orientale, della Calabria ionica, oltre al Golfo di Taranto e al Salento sono a rischio tsunami. A rivelarlo è la prima mappa di pericolosità degli tsunami generati da terremoti nell’area Neam (Mediterraneo, Oceano Atlantico nord-orientale e mari connessi), realizzata all’interno del progetto Tsumaps-Neam, coordinato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Italia tra le zone più pericolose

Roberto Basili, coordinatore del progetto, spiega che l'arco ellenico, cioè da Cefalonia a Rodi, l'arco di Cipro, che arriva fino al Libano, e l'arco Calabro sono le tre aree del Mediterraneo che possono generare i terremoti più forti e, di conseguenza, onde anomale di grandi proporzioni, Per quanto riguarda l’Italia, “la maggiore pericolosità si ha nella Sicilia orientale e nello Stretto di Messina, in Salento, Calabria ionica e Basilicata” precisa l’esperto. La mappa ha rilevato un rischio, seppur minore, anche nel Mar Ligure e in Sardegna meridionale, in quanto alcune faglie nordafricane sono attive. All’interno della zona Neam, lo stivale “è solo una piccola parte, ma tra le più pericolose” conclude Basili.
Il progetto ha poi identificato altre aree mediterranee che potrebbero essere scenario di uno tsunami, come l’Egitto e la Libia. Le coste dei due stati del Nordafrica presentano un rischio molto più elevato rispetto a quello che corrono Sud Italia, Grecia, Turchia e Cipro. Le probabilità che un’onda alta 5 metri raggiunga la Liba è maggiore del 25% rispetto a quella calcolata per la Sicilia meridionale.

Eventi rari ma non impossibili

Ogni 2500 anni, più del 30% delle coste comprese nel progetto possono subire uno tsunami con onde più alte di un metro. “Si tratta di eventi rari ma non impossibili e di grande impatto” aggiunge il sismologo Alessandro Amato e la mappatura potrà servire a “capire il grado di pericolosità, cioè la probabilità di avere un'inondazione in un certo periodo di tempo”.
Dal 2007, in Italia è attivo il Sistema d'Allerta nazionale per i Maremoti di origine sismica (SiAM), coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile nazionale, dall’Ingv e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra). In caso di evento sismico con rischio tsunami, spetta all’Ingv diffondere l’allarme, determinare i parametri del terremoto e calcolare la probabilità che si verifichi un’onda anomala, per poi lanciare l’allerta alla Protezione Civile e ai paesi dell’area mediterranea.

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