La strada per Marte comincia a letto

Vara ha lunghi capelli biondi e buon inglese. Sul retro della t-shirt che indossa, le firme degli amici scritte a pennarello. Vicino a lei, sul letto, uno squalo di pezza a fare la guardia, sulla gamba sinistra un cerotto a forma di fiore. Vara ha 19 anni, è stata reclutata all’università. Ha passato le ultime settimane allettata in posizione inclinata dentro una camerata dell’Ospedale generale di Isola, poco fuori Capodistria, in Slovenia, assieme ad altri volontari nelle sue stesse condizioni, una fila di letti bianchi separati da paraventi. “Oggi ho provato ad alzarmi e ho fatto fatica a stare in equilibrio – racconta - ma in generale mi sento abbastanza bene, è un’esperienza interessante”. Ci puoi descrivere le tue giornate? In realtà, ogni giorno è simile all’altro. Devi stare steso ma puoi fare quello che vuoi: leggere, vedere film, ascoltare musica. Io sono venuta qui con un’amica e in questo modo è stato più facile per me, perché possiamo chiacchierare e passare del tempo assieme. La mattina ci svegliamo verso le sette e veniamo sottoposti a dei test: raccolgono campioni della nostra urina, saliva e a giorni alterni, anche del nostro sangue. I primi giorni è stato difficile adattarsi a questa condizione, perché non sei abituato a stare steso tutto il giorno o a usare il bagno restando in questa posizione; anche mangiare non è semplice perché devi restare disteso, ti puoi solo girare un po’. Devi affrontare alcuni test che non sono semplici, ma per fortuna durano poco e poi sei di nuovo libero. Perché hai scelto di partecipare come volontaria a questo studio? Perché è interessante e ti costringe a uscire dalla tua zona di confort: ho voluto mettermi alla prova per vedere di cosa ero capace, in fondo si tratta di un buon affare: stai a letto per tre settimane, puoi fare quello che vuoi e ti pagano pure! Andresti nello spazio se ne avessi l’opportunità? No, avrei molta paura, una cosa è stare qui stesa in un letto, un’altra è partire per lo spazio! Chi invece non avrebbe paura di partire per un viaggio oltre l’atmosfera è Rado Pišot, direttore del Centro di Ricerche Scientifiche di Capodistria “Sicuramente ci andrei, se ne parla da tanto tempo! Anni fa a un convegno dell’ESA avevo sentito dire che entro il 2025, grazie allo sviluppo del turismo spaziale, saremmo riusciti ad andare nello spazio pagando biglietti da quindici, ventimila mila euro. Non è ancora così: se la tecnologia ha fatto enormi progressi in avanti, per quanto riguarda le scienze della vita dobbiamo ancora migliorare e la strada da fare è lunga. 63 anni, un’aria alla Jean-Luc Picard di Star Trek, il professor Rado Pišot guida il programma Science for Bed-Rest, che prevede l’allettamento, per 21 giorni, in modalità inclinata , di volontari sani adulti. Quanti sono quelli che partecipano al programma e con che criteri li avete selezionati? Sono 21 volontari, ragazzi e ragazze che provengono da diverse parti del mondo, la maggior parte di loro studiano in Slovenia. Il criterio più importante con cui per la selezione è stata l’età, dai 18 ai 35 anni, e il fatto che fossero in buona salute; le regole sono state definite da una commissione etica, e prima di essere scelti sono stati sottoposti a dei test fisici e psicologici. Com’è organizzata la loro giornata? Si parte alle sette di mattina con i prelievi di sangue, saliva e urina e poi cominciano ii test: quelli fisici sono concentrati nell’arco della mattinata, mentre il pomeriggio è dedicato ai test psicologici e ai questionari. Ricevono un compenso per la loro partecipazione? Ricevono un compenso di 4mila euro, devono presentarsi due giorni prima in ospedale e poi restare allettati per 21 giorni; seguono altri tre giorni esperimenti e il programma di riabilitazione con il nostro protocollo. Alla fine, tornano qui per fare le ultime misurazioni. Da quanto tempo svolgete ricerche di questo tipo? Nell’ospedale Generale di Isola abbiamo svolto già otto Bed-Rest, abbiamo iniziato nel 2001 e queste ricerche sono state finanziate prima dall’Agenzia Spaziale Europea e poi da quella italiana: con i colleghi di Padova, Bari, Roma, Milano, Udine e Trieste stiamo collaborando ormai da venticinque anni. La gestione ci è stata affidata tramite di un bando europeo, abbiamo avuto successo e questo ci rende orgogliosi. Qual è l’importanza di esperimenti come questo per il futuro dell’esplorazione spaziale? Tutti gli esperimenti di Bed-Rest che abbiamo condotto qui partivano da un’ipotesi differente, erano di durata diversa e in posizioni diverse. Quello che si indaga sono i meccanismi di adattamento del corpo umano alla microgravità, una condizione che influisce molto in tutti i sistemi e sottosistemi dell’organismo umano e le ricerche che svolgiamo cambiano man mano che avanza la diagnostica. Ora, con l’intelligenza artificiale, possiamo comparare questi dati e incrociarli, trovando nuove associazioni che ci fanno progredire nella conoscenza. Ogni aggiornamento ci dà nuove informazioni, non solo nel settore spaziale, ma anche per la sopravvivenza sulla Terra, dove facciamo spesso una vita troppo sedentaria e dove l’età media sta aumentando, con un invecchiamento progressivo della popolazione che presenta meccanismi simili a quelli di chi vive nello spazio”. Per approfondire la conoscenza di questi esperimenti ci rivolgiamo a Francesca Ferranti, biotecnologa e ricercatrice nell'ufficio Volo Umano e Sperimentazione della Direzione Scienza e Innovazione dell’Agenzia Spaziale Italiana, impegnata in progetti di ricerca biologica e biomedica volti ad indagare gli effetti dell'ambiente spaziale sugli organismi viventi. “La roadmap per l'esplorazione umana dello spazio oltre la bassa orbita terrestre , definita dal gruppo inter-agenzia International Space Exploration Coordination Group, ha come fine ultimo la colonizzazione di Marte e individua come fase intermedia la costruzione di basi stabili sulla Luna – spiega Ferranti a Sky TG24 Insider- L'esperienza della Stazione Spaziale Internazionale ci ha mostrato come la permanenza nello spazio rappresenti una sfida significativa per gli organismi viventi, a causa dei molteplici fattori di stress cui sono sottoposti. È infatti ormai ampiamente riconosciuto che il volo spaziale ha un impatto rilevante sulla fisiologia umana, determinando importanti modificazioni a carico di diversi tessuti, organi e apparati. Parallelamente, possono manifestarsi alterazioni sul piano psicologico, cognitivo e comportamentale, che influenzano il benessere mentale e le capacità operative dell’equipaggio. Le missioni oltre l’orbita bassa saranno ancora più impegnative di quelle sulla ISS e comporteranno problemi biologici e biomedici unici, mai affrontati prima; quindi, diventa fondamentale realizzare i programmi di ricerca volti allo studio degli effetti dell’esposizione all’ambiente spaziale sull’organismo umano e alla definizione di adeguate misure di mitigazione dei rischi. Quali sono rischi maggiori per il genere umano in caso di permanenze prolungate nello spazio, pensando a future missioni su Marte ad esempio? Tra i principali fattori di rischio ci sono la gravità alterata, le radiazioni, la distanza dalla terra e la condizione di isolamento/confinamento. Ad esempio, gli astronauti devono confrontarsi con condizioni di gravità differenti rispetto alla terra. Sulla ISS si è esposti ad una condizione di microgravità, perché la Stazione Spaziale è in una condizione di costante caduta libera intorno alla terra, mentre sulla Luna si ha 1/6 della gravità terrestre e su Marte 1/3. Il corpo dell’astronauta deve adattarsi a questa nuova condizione, con ripercussioni a livello fisiologico più o meno reversibili. Tra queste vi sono certamente quelle a carico del sistema muscoloscheletrico, che in condizioni di microgravità va incontro a osteoporosi e a perdita di massa e forza muscolare. Poi ci sono le radiazioni, che rappresentano il rischio principale nelle missioni verso lo spazio profondo. Il campo magnetico e l'atmosfera terrestre ci proteggono dal costante bombardamento dei raggi cosmici galattici, ma quando ci allontaniamo dalla terra perdiamo questa protezione. Le radiazioni cosmiche potrebbero aumentare il rischio di cancro durante missioni prolungate. I danni al corpo umano si estendono anche al cervello, al cuore e al sistema nervoso centrale, ponendo le basi per lo sviluppo di malattie degenerative. Negli astronauti è stata segnalata anche una maggiore percentuale di cataratte precoci. Una seconda fonte di radiazioni spaziali proviene da eventi imprevedibili di particelle solari che forniscono dosi elevate di radiazioni in un breve periodo di tempo, causando la “malattia da radiazioni”, se non si adottano misure di protezione. Gli effetti prodotti dalla microgravità e dalle radiazioni cosmiche possono essere ulteriormente esacerbati dall’isolamento, dal confinamento e dallo stress psicofisico, cui gli astronauti sono esposti durante le missioni spaziali. Inoltre, essi stessi possono essere la causa principale di rilevanti alterazioni psicologiche, cognitive e fisiologiche. Nelle future missioni interplanetarie di lunga durata, le ripercussioni dell’isolamento e del confinamento saranno ancora più significative, e, se non gestite adeguatamente, potrebbero compromettere sia le prestazioni dell'equipaggio che il successo dell’intera missione. Come avete sviluppato il programma Science for Bed -Rest? Proprio in vista dei futuri scenari di presenza umana oltre l’orbita bassa terrestre, l’ASI ha deciso di organizzare, coordinare e supportare questo importante programma, volto a studiare gli effetti di una prolungata esposizione a microgravità simulata sull’organismo umano. I servizi di supporto sanitario, clinico e amministrativo alla realizzazione di questa complessa campagna di ricerca sono stati affidati, a seguito di un bando di gara europeo, al Centro di Ricerche Scientifiche di Capodistria , in partenariato con l'Ospedale Generale di Isola . La campagna di studio è stata avviata nel mese di agosto ed è ad oggi in corso. I volontari sono ospitati in un reparto dedicato dell'SBI, che offre sorveglianza sanitaria e assistenza medica 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con personale altamente qualificato, una dieta personalizzata e la possibilità di svolgere esercizi di movimentazione passiva. Quanti sono gli esperimenti previsti? Nell’ambito della campagna di Bed-Rest, ASI conduce, in collaborazione con un network di circa 90 ricercatori italiani, sette diversi esperimenti, che attraverso misure, prelievi di campioni biologici e biopsie muscolari pre-, durante e post- allettamento monitorano, durante la fase di allettamento e durante la successiva riabilitazione, molteplici parametri chimico-clinici, fisiologici, comportamentali e neurocognitivi. Tutte le indagini sperimentali vengono effettuate, con il supporto e la supervisione del personale sanitario dell’SBI e ricercatore dello ZRS, ovviamente nel rispetto degli standard dettati dal Comitato Etico competente, che ha approvato lo studio, al fine di garantire la salute, la sicurezza e il comfort dei volontari durante l’intero studio. Tutti i partecipanti sono costantemente informati in modo chiaro e dettagliato sull’andamento della ricerca, sui test cui verranno sottoposti, sulle misure di sicurezza e sui loro diritti. Infine, l’ASI ha dotato uno dei volontari di un dispositivo sensorizzato, denominato EMSi.BR_00, in grado di monitorarne lo stato fisiologico e di fornire in modo adattivo un impulso di elettrostimolazione utile al mantenimento del tono muscolare. Il dispositivo, prodotto per ASI dall’azienda italiana REA Space, è stato testato nel corso della campagna, al fine di verificarne l’efficacia nel contrastare l’atrofia muscolare e la perdita di densità ossea, che si manifestano in condizioni di microgravità simulata. A cosa serviranno questi esperimenti? L’allettamento prolungato in posizione inclinata a -6° rappresenta un modello sperimentale consolidato e ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale per simulare, a terra, sia l’inattività fisica associata alla microgravità sia lo spostamento dei fluidi corporei verso la parte superiore del corpo, fenomeni che si presentano negli astronauti durante il volo spaziale. Questo modello consente, non solo di approfondire i meccanismi alla base degli adattamenti dell’organismo e la loro reversibilità, ma anche di testare e validare contromisure volte a prevenire o mitigare gli effetti negativi dell’ambiente spaziale sulla salute umana. Da quanto tempo vengono condotti programmi del genere? Gli studi di Bed-Rest hanno una lunga storia. Pur nascendo come studi di biomedicina terrestre, negli ultimi decenni, sono stati progressivamente adottati anche in ambito spaziale, diventando un modello analogo di riferimento. Gli americani e i russi avviarono i primi studi di biomedicina spaziale in Bed-Rest già negli anni ’70. Nonostante gli effetti della microgravità vengano studiati anche nello spazio, direttamente sugli astronauti, il numero limitato di missioni e di partecipanti rende questi studi poco accessibili. Le simulazioni terrestri, come il Bed-Rest, offrono quindi un'alternativa più sostenibile dal punto di vista economico e logistico, consentendo di coinvolgere un campione di studio più ampio e di standardizzare le condizioni sperimentali. In che modo avviene la selezione dei volontari? In generale, dovrebbero essere reclutati solo soggetti sani . È per questo che il processo di selezione dei volontari prevede un attento screening medico e chinesiologico, associato ad una approfondita valutazione psicologica e cognitiva. Fumo, uso di farmaci che possono interferire con l’interpretazione dei risultati, abuso di alcool e droghe, sono certamente tra i principali criteri di esclusione dalla selezione. La fascia d'età e il genere dei soggetti di interesse vengono invece definiti nelle prime fasi di disegno dello studio, in funzione degli obiettivi scientifici dello stesso. Science for Bed-Rest, ad esempio, si prefigge di esplorare la variabilità interindividuale e di genere nelle risposte fisiologiche alla microgravità simulata. Per tale motivo, abbiamo coinvolto nella campagna di allettamento sia uomini che donne. Sebbene quello delle differenze di genere sia ancora un ambito della ricerca biomedica poco esplorato, anche a livello internazionale, vi sono evidenze sperimentali che suggeriscono che i due generi si adattino in modo diverso, sia fisicamente che psicologicamente, alle condizioni estreme. Il confronto uomo-donna rappresenta pertanto uno dei punti di maggiore innovatività della campagna”. A proposito, lei andrebbe nello spazio per una missione se ne avesse l’opportunità? Pur nutrendo una profonda curiosità per l’esplorazione spaziale e credendo fermamente nel ruolo cruciale che ha nell’espansione della conoscenza scientifica e nello sviluppo di innovazioni tecnologiche e biomediche, preferisco di gran lunga rimanere “con i piedi a terra”. Nel mio piccolo, con il mio lavoro quotidiano cerco però di contribuire a questa impresa collettiva, provando a sostenere chi aspira a raggiungere le stelle. Hanno collaborato: Gianfranco Gatto e Massimo Di Canosa

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La strada per Marte comincia a letto

Marta Meli