Rigopiano, ricostruita la tragedia: il disastro in un minuto e mezzo

Scienze

Per la prima volta in assoluto è stato possibile ricostruire, a livello geologico, quanto successo il 18 gennaio 2017, quando 29 persone persero la vita nell’albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort. La causa è stata una valanga che in circa 90 secondi si è abbattuta sull'hotel ad una velocità di circa 100km orari. A stabilirlo una ricerca multidisciplinare condotta, tra gli altri, anche dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv)

E’ stato ricostruito, per la prima volta in assoluto dal punto di vista geologico, l’evento che il 18 gennaio 2017 è costato la vita a 29 persone, uccise mentre si trovavano presso l'albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort, a Rigopiano, località turistica montana del territorio del comune di Farindola, in Abruzzo. A causare la tragedia è stata una valanga che si è staccata dal Monte Siella alle ore 15:41:59 (orario UTC, le 16:41:59 in Italia) e nel suo percorso verso la valle è entrata in un canyon, alle 15:43:20 (le 16:43:20 in Italia) per poi colpire la struttura alberghiera ad una velocità di circa 100 km orari. Tutto, dunque, è avvenuto nell'arco di un minuto e mezzo: a stabilirlo una ricerca multidisciplinare pubblicata sulla rivista “Scientific Reports” e condotta da esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), del Politecnico di Torino, dell’Istituto svizzero Wsl per la ricerca sulla neve e le valanghe e dell’Università di Monaco.

L’analisi delle telefonate e di altri dati

A quasi quattro anni da quell’evento luttuoso, quindi, gli esperti hanno potuto ricostruire cosa veramente sia successo sulle montagne abruzzesi nei pressi di Rigopiano, cercando di fornire risposte specifiche sulle tempistiche e sulle dinamiche della valanga che ha ucciso 29 persone. Come spiega nel dettaglio un comunicato apparso sul portale dell’Ingv, la ricerca “Seismic signature of the deadly snow avalanche of January 18, 2017, at Rigopiano (Italy) è stata condotta anche grazie all’analisi della tempistica delle telefonate di soccorso, così come riportate dalla cronaca giornalistica, intrecciata con numerosi altri dati tra cui “l’analisi della Rete Sismica Nazionale e la modellazione numerica della valanga, elaborati quindi in studi ingegneristici e sismogrammi teorici ottenuti attraverso simulazioni”, dicono gli esperti. “Una prima ipotesi, nata dall’osservazione di un segnale sismico sospetto, è stata quella che tale segnale fosse dato dall’impatto della valanga stessa con l’albergo. Un’analisi più approfondita ha rivelato, invece, l’esistenza di tre distinte fasi sismiche, che potevano sostenere una seconda ipotesi, quella che la valanga si fosse propagata verso valle in tre fasi consecutive”, ha spiegato Thomas Braun, uno degli autori della ricerca.

Le fasi della ricerca

Gli scienziati, per arrivare a proporre questi risultati, hanno lavorato restringendo la finestra temporale in cui è avvenuta la valanga, ha detto Braun, e per fare ciò si sono “basati sulla cronologia e sul contenuto delle chiamate e dei messaggi di emergenza inviati dall’hotel”. In particolare, è stato possibile valutare come “alle 15:30 (orari UTC) è avvenuta l’ultima chiamata dalla struttura mentre alle 15:54 c’è stato un tentativo di invio di un messaggio WhatsApp di richiesta di aiuto da una persona rimasta bloccata dalla neve”, ha segnalato ancora l’esperto. “Abbiamo dedotto che la valanga è avvenuta in questa finestra temporale di 24 minuti. Successivamente abbiamo cercato dei segnali sismici ipoteticamente generati dalla valanga. In quel periodo eravamo nel pieno della sequenza sismica dell’Italia centrale, con epicentri a circa 45 km a ovest di Rigopiano. Analizzando i segnali registrati dalle stazioni sismiche, abbiamo notato che la stazione GIGS posizionata sotto il Gran Sasso, aveva registrato un segnale anomalo nei 24 minuti identificati come finestra temporale del distacco della valanga”, ha poi analizzato ancora Braun. “Di questo segnale abbiamo poi studiato il contenuto spettrale e la direzione di provenienza osservando così tre distinte fasi sismiche avvenute a distanza di pochi secondi. La domanda decisiva che nasce da tale osservazione è come una valanga, che si muove in superficie, possa trasmettere energia sismica nel sottosuolo”, ha aggiunto ancora.

Centinaia di modellazioni numeriche

Inoltre, analizzando nel dettaglio la topografia del luogo della tragedia e tenendo conto della tipologia, della temperatura e dell’umidità della neve, gli scienziati hanno eseguito centinaia di modellazioni numeriche, con l’obiettivo di ricostruire il tragitto e la dinamica della valanga, che hanno potuto fare chiarezza su un punto in particolare: “lungo la traiettoria della valanga esistono tre punti dove il ‘momento’, dato dal prodotto altezza per velocità della valanga, diventa massimale. Questi punti corrispondono al passaggio della valanga nel canyon, esattamente all’entrata e alle due successive deflessioni. Il lavoro appena pubblicato ha quindi permesso di sincronizzare le modellazioni con le osservazioni e di stimare i tempi dell’evento”, scrivono i ricercatori. “La ricostruzione dell’evento ha evidenziato che la valanga nella discesa verso valle ha percorso in tutto 2400 metri e ha travolto alberi e rocce, cambiando massa con incremento continuo del proprio peso specifico”, ha concluso Braun. “Oggi sappiamo che la velocità con cui la valanga ha colpito l’albergo è stata di 28 metri al secondo, quasi 100 km orari”.

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