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Tetraquark, scoperta dal Cern una nuova particella esotica pesante

Scienze
©Ansa

Osservato per la prima volta un composto di quattro quark pesanti: aiuterà a studiare la forza che tiene insieme il nucleo degli atomi

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Passi in avanti nel campo della fisica grazie alla scoperta di una nuova particella esotica formata da quattro 'mattoni' della materia, il Tetraquark, con la particolarità che stavolta sono tutti pesanti. L’osservazione aiuterà a comprendere la forza che tiene assieme i nuclei degli atomi ed è frutto della collaborazione internazionale dell'esperimento LHCb del Cern di Ginevra con l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).

Il Tetraquark

"Particelle fatte da quattro o più quark sono note già da tempo e sono comunemente definite esotiche", spiega Giovanni Passaleva, responsabile internazionale di LHCb. "Quella che abbiamo scoperto con i dati del nostro esperimento è tuttavia speciale perché è composta da quattro quark pesanti, due quark charm e due quark anticharm, rappresentando un banco di prova privilegiato per lo sviluppo di modelli teorici delle interazioni forti che tengono assieme i nuclei degli atomi”. Lo studio è stato firmato da oltre novecento scienziati.

"La misura delle proprietà della nuova particella consentirà di progredire nella comprensione delle interazioni forti, la cui teoria è caratterizzata da equazioni estremamente difficili da risolvere quando i quark sono legati all'interno delle particelle, rendendo molto difficoltoso predirne esistenza e caratteristiche", spiega la ricercatrice "L'esistenza della particella - prosegue An - è stata appurata con un'elevata probabilità statistica. “Un puzzle ancora da risolvere – aggiunge la ricercatrice cinese Liupan An, che lavora all'Infn di Firenze grazie a una borsa di studio - riguarda la natura di questo tipo di particelle. In particolare, se vanno intese come sistemi di quark strettamente legati tra di loro, oppure se hanno una struttura più simile a delle molecole".

Il ruolo dell’Infn

L'Istituto italiano di fisica nucleare “è stato uno dei maggiori contributori al progetto, alla costruzione e alle operazioni del rivelatore, contando nella collaborazione più di un centinaio di ricercatori, tecnologi e tecnici”. Lo assicura Vincenzo Vagnoni, ricercatore della sede di Bologna e responsabile nazionale dell'esperimento LHCb. "Il nostro rivelatore sta ora subendo un'ulteriore trasformazione che lo condurrà a raggiungere nuovi traguardi nel futuro decennio, acquisendo una quantità di dati maggiore rispetto a quanto fatto finora", conclude Matteo Palutan, ricercatore Infn dei Laboratori Nazionali di Frascati e vice-responsabile internazionale di LHCb.

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