A darne notizia è l’Istituto Nazionale di Geofisica. Il sistema, denominato South Apulia Fault System (SAFS), è esteso per almeno 100 Km sui fondali al largo di Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce
Sui fondali al largo di Santa Maria di Leuca, piccolo comune in provincia di Lecce, in Puglia è stato rilevato un sistema di faglie ancora attivo, esteso per almeno 100 Km, probabilmente la causa scatenante del terremoto registrato in quell’area nel 1743. A confermarlo è uno studio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) condotto grazie ad una serie di perlustrazioni eseguite con la nave OGS Explora.
Un’analisi ad alta risoluzione
Il South Apulia Fault System (SAFS), questo il nome del sistema di faglie pugliese, lungo il quale si sono generati due ampi bacini sedimentari così come si legge proprio sul sito dell’Ingv, è stato identificato nel tratto di mare a sud-est di Santa Maria di Leuca, anche grazie alla collaborazione con gli esperti dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), il cui studio è stato pubblicato sulla rivista “Tectonics”. Come spiega proprio l’Ingv, una faglia è una frattura della crosta terrestre che mostra evidenze di movimento relativo tra le due masse rocciose da essa divise. La superficie lungo cui si è verificata la frattura si chiama "superficie di faglia" o “piano di faglia” e le rocce in prossimità di essa spesso risultano intensamente frantumate. L'energia rilasciata dopo il movimento lungo il piano di faglia è la causa della maggior parte dei terremoti. Nello studio, gli esperti, attraverso una specifica analisi ad alta risoluzione hanno potuto identificare “sia le strutture crostali profonde che i sedimenti quaternari che costituiscono il fondale marino”. A questo punto i ricercatori hanno “ricostruito la geometria tridimensionale dei principali orizzonti geologici e delle faglie presenti in quest’area fino a una profondità di circa 12 km”.
Il terremoto del 1743
I risultati analizzati hanno permesso di capire che il sistema SAFS ha iniziato la sua attività tettonica in un periodo compreso tra gli 1,3 e gli 1,8 milioni di anni fa, in particolare durante il periodo del Pleistocene inferiore. Inoltre, le considerazioni degli esperti fanno presupporre che il sistema sia tutt’ora attivo, come evidenziato dalla presenza di dislocazioni che interessano i sedimenti più recenti e il fondo del mare. Come detto, il sistema di faglie è stato associato al forte terremoto del 20 febbraio 1743, per il quale i cataloghi storici riportano una magnitudo stimata di 6.7, segnalando che lo stesso aveva provocato danni sia nella regione salentina sia nelle isole Ionie, in particolare Corfù, Lefkada e Cefalonia, oltre ad un probabile tsunami che aveva coinvolto l’area del porto di Brindisi. Ora, anche grazie a questi rilevamenti, i ricercatori sperano che altri lavori di ricerca multidisciplinari possano consentire di acquisire nuovi dati ad alta risoluzione, così da poter comprendere “con maggiore precisione la reale estensione del SAFS caratterizzandone con più precisione i tassi di attività e le implicazioni geodinamiche”.