Il risultato è stato raggiunto a bordo della Stazione Spaziale Internazionale dai ricercatori della Nasa. Gli scienziati hanno utilizzato il Cold Atom Laboratory del Jet Propulsion Lab per raffreddare degli atomi di rubidio e ottenere un condensato di Bose-Einstein
Per la seconda volta, i ricercatori della Nasa sono riusciti a creare il quinto stato della materia a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Un risultato simile era già stato ottenuto nel 2018, sempre a bordo dell’avamposto umano. Anche stavolta, gli scienziati hanno utilizzato il Cold Atom Laboratory del Jet Propulsion Lab per raffreddare degli atomi di rubidio fino a raggiungere una temperatura prossima allo zero assoluto, dando così vita al quinto stato della materia, noto nel gergo scientifico come condensato di Bose-Einstein. Il risultato ottenuto è stato descritto sulle pagine della rivista specializzata Nature.
Cos’è un condensato di Bose-Einstein?
L’esistenza di un quinto stato della materia era stata ipotizzata nel 1925 da Albert Einstein e Satyendra Nath Bose. I condensati che portano il nome dei due scienziati si formano quando i bosoni vengono raffreddati quasi allo zero assoluto (-273,15 °C). In questa condizione, le particelle diventano un’unica entità che mantiene le proprietà quantistiche: in queste condizioni, il condensato di Bose-Einstein si trova in una via di mezzo tra il mondo microscopico, governato dalle leggi della meccanica quantistica, e quello macroscopico, regolato dalle leggi della fisica classica.
Le condizioni di microgravità
Il quinto stato della materia può essere ottenuto anche sulla Terra, ma, essendo particolarmente instabile, resiste solo per qualche frazione di secondo, un tempo insufficiente per consentire ai ricercatori di studiarlo approfonditamente. A bordo della Iss, dove sono presenti delle condizioni di microgravità, un condensato di Bose-Einstein può durare fino a un secondo: in orbita è dunque possibile condurre misurazioni maggiormente precise e affidabili. Per i ricercatori, studiare il quinto stato della materia a bordo della Stazione Spaziale Internazionale potrebbe aprire le porte a nuove opportunità di ricerca. “Le applicazioni variano dagli esperimenti sulla relatività generale alle ricerche sull’energia oscura e sulle onde gravitazionali, passando per lo studio dei minerali presenti sulla Luna e su altri corpi celesti”, spiega Dadid Aveline, il primo autore dello studio pubblicato su Nature.