10.000 anni di migrazioni raccontati dal più grande studio sul Dna antico

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

L’analisi del genoma di 524 individui vissuti tra 12.000 e 2000 anni fa ha permesso di svelare molti misteri sulle origini delle popolazioni asiatiche, dell’agricoltura e di alcune lingue indoeuropee 

Lo studio più vasto mai realizzato sul Dna antico dell’uomo aiuta a fare luce su circa 10.000 anni di migrazioni e sulla vera discendenza delle moderne popolazioni asiatiche. Un team internazionale composto da genetisti, antropologi e archeologi, con la partecipazione di ricercatori di diversi atenei italiani, ha analizzato il Dna di 524 individui vissuti dall’Età della pietra fino all’Età del ferro, tra 12.000 e 2000 anni fa. I risultati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista Science e riscrivono “la storia della parte indiana degli Indoeuropei”, come spiegato dall’antropologo Davide Pettener dell’università di Bologna.

I pastori delle steppe antenati degli asiatici

Sono tante, sorprendenti e importanti le informazioni ottenute dall’ultima analisi del Dna umano antico, la più ampia mai compiuta. In particolare, il lavoro coordinato dal genetista David Reich, dell’Università di Harvard, spiega due delle trasformazioni culturali più profonde dell’antica Eurasia, riguardanti le migrazioni e il passaggio dalla caccia all’agricoltura. I risultati raggiunti sono stati resi possibili dalla combinazione di informazioni genetiche, archeologiche e linguistiche. In precedenza, gli studi sul tema si erano focalizzati in particolare sul lato europeo della popolazione che abitava l’Eurasia, “dimostrando che gli europei hanno origine dagli antichi cacciatori raccoglitori, da popolazioni arrivate dall’Anatolia nel Neolitico e dagli Yamnaya che hanno portato la civiltà del bronzo in Europa”, spiega Reich. Tuttavia, anche l’Asia avrebbe assistito a simili spostamenti, tanto che chi vive oggi nella parte centrale e meridionale del continente discenderebbe dagli agricoltori del Medio Oriente e proprio dagli stessi Yamnaya, antichi pastori delle steppe.

Lingue e agricoltura: origini spiegate dal Dna

La diffusione dei linguaggi indoeuropei in parti del mondo molto distanti è un altro dei temi centrali dell’analisi svolta dai ricercatori. Alcune somiglianze genetiche notate tra gli individui dei rami indo-iraniano e balto-slavo all’interno delle lingue indoeuropee spiegano che i soggetti di entrambi i gruppi proverrebbero da un sottogruppo di pastori delle steppe che si spostò circa 5000 anni fa verso l’Europa, prima di fare ritorno in Asia centrale e meridionale nei 1500 anni successivi. Una nuova versione che fa cadere definitivamente l’ipotesi di antenati originari dell’Anatolia e serve a spiegare secondo Reich “sconcertanti caratteristiche linguistiche in comune tra questi due rami indoeuropei, oggi separati da vaste distanze geografiche”. Infine, lo studio del Dna antico ha finalmente fatto luce sulle origini dell’agricoltura, a lungo oggetto di discussione: esattamente come in Europa, il passaggio da un’economia di caccia-raccolta a questa attività si deve anche in Iran e Asia centrale a popolazioni migrate dall’Anatolia, che si sarebbero quindi mosse in diverse direzioni. 

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