Nei laboratori dell’Università di Pavia è stato analizzato il violino ‘Piccolo’ di Lorenzo Storioni, prezioso per riportare a galla le tecniche tramandate di generazione in generazione
La scuola dei liutai cremonesi, specializzata nella realizzazione artigianale di strumenti ad arco, celava alcuni segreti che venivano tramandati oralmente di generazione in generazione per evitare che fossero svelati. Queste misteriose tecniche di produzione si credevano ormai perse, ma una nuova indagine potrebbe ora riportarle alla luce a distanza di oltre due secoli. I ricercatori dell’Università di Pavia, attraverso una partnership stretta con il Comune di Cremona e il Museo del Violino, hanno recuperato e analizzato uno strumento realizzato dal maestro liutaio Lorenzo Storioni: si tratta del violino 'Piccolo', un pregiato pezzo che gli studiosi hanno esaminato scoprendo alcune preziose informazioni sul metodo di costruzione.
Un’eccellenza italiana
La tradizione della liuteria, tipica di Cremona, rappresenta un’eccellenza per la città lombarda e per tutto il territorio italiano, tanto da essere stata inserita nel 2012 nella lista del patrimonio immateriale culturale dell’UNESCO. Lorenzo Storioni, vissuto a cavallo tra il 1700 e il 1800, era uno degli ultimi massimi esponenti della scuola già resa nota da Guarnieri e Stradivari. Il progetto, che vede la partecipazione dell’Ateneo di Pavia, consiste nello studio, il restauro e l’esposizione al pubblico del violino 'Piccolo', realizzato da Storioni nel 1793. Il pezzo, considerato un vero e proprio gioiello della scuola dei liutai, ha aiutato i ricercatori a far riemergere una tradizione fatta di metodi segreti tramandati soltanto a voce attraverso una serie di analisi, tra cui “tecniche di imaging in luce visibile e ultravioletta, radiografie e analisi endoscopiche e spettroscopia”, come spiega Marco Magaldi dell’Università di Pavia, al fine di comprendere con quali materiali fosse stato realizzato lo strumento.
Le tecniche artigianali
Il violino di Storioni è definito 'Piccolo' per la sua misura ridotta, una scelta frutto della volontà di destinare lo strumento ai bambini. Secondo Magaldi questo ha permesso all’opera di “attraversare i secoli senza subire interventi di rifacimento o restauro: per noi è una piccola miniera”. Le analisi dei ricercatori sono durate circa due mesi e i primi dati ottenuti mostrano come il violino fosse realizzato con vernice a base di olio e resina, una tecnica già usata proprio da Stradivari. Inoltre, è stato notato l’utilizzo del gesso, per chiudere i pori del legno prima di verniciare lo strumento, e di tre chiodi che, formando un triangolo, servivano a tenere insieme il manico e il corpo del violino. Quest’ultimo metodo non è stato osservato in nessun altro esemplare, a causa delle ristrutturazioni che queste opere solitamente subiscono nel tempo.