Sulla Sindone di Torino sangue vero e di una persona torturata

Scienze
Sindone (Getty Images)
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Secondo una ricerca tutta italiana, coordinata da Paolo di Lazzaro dell'Enea e vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia, sembra che il sangue sia appartenuto a una persona vissuta molti anni fa.

Una nuova ricerca italiana sembrerebbe indicare che il sangue sulla Sindone di Torino apparterrebbe a un individuo percosso duramente. Per di più, la colorazione rossa del telo sembrerebbe confermare, non solo la veridicità della presenza del liquido organico, ma anche l’ipotesi che quest’ultimo sia appartenuto a una persona vissuta molti anni fa. Le macchie presenti sulla Sindone, infatti, non sono marroni in quanto l’esposizione alla luce ultravioletta, come quella del sole, sembrerebbe provocare un’alterazione dei colori dovuta alla presenza di bilirubina.

Prodotti di emoglobina invecchiata

La ricerca italiana, pubblicata sulla rivista Applied Optics e coordinata da Paolo di Lazzaro dell'Enea e vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia, sembra indicare la presenza sul telo di prodotti di emoglobina invecchiata. Nello studio, infatti, è stata condotta un’analisi della Sindone attraverso un’innovativa tecnica ottica in grado di individuare la composizione dei materiali presi in esame. La ricerca, attuata durante L’Ostensione 2015, sembra aver individuato la presenza di metaemoglobina nel liquido organico del famoso telo. Quest’ultima sarebbe un prodotto della degradazione dell’emoglobina a seguito di un prolungato invecchiamento e dell’ossidazione. “Non è altro che la conferma che il sangue analizzato è un antico, come avevano dimostrato anche altre ricerche compiute nello scorso secolo”, ha spiegato Di Lazzaro. Negli anni '80, infatti, degli specifici studi sembravano aver dimostrato la presenza di composti tipici del sangue sulla Sindone, quali il siero e grandi quantità di bilirubina.

Sangue ricco di bilirubina

La bilirubina, rilasciata dal fegato, sembra essere solamente presente nel sangue delle persone malate di ittero o in quello di individui torturati duramente. A seguito di forte percosse, i globuli rossi presenti nel liquido organico potrebbero andare in contro a una rottura, con conseguente rilascio, da parte del fegato, di bilirubina. Lo studio aveva come obiettivo, come racconta Di Lazzaro, quello di trovare le cause della particolare colorazione delle macchie presenti sulla Sindone. Per questo nella ricerca, a cui hanno preso parte anche Daniele Murra dell’Enea, Paolo Iacomussi dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, Mauro Missori del Consiglio Nazionale delle Ricerche e il medico Antonio Di Lascio, è stato attuato un esperimento della durata di 4 anni che ha visto come oggetto di analisi il sangue appartenente a una persona malata di ittero, e quindi compatibile con quello trovato sul telo. Irraggiando un lenzuolo di lino, impregnato da quello specifico liquido organico, con una luce ultravioletta, i ricercatori sembrano aver dimostrato che l’interazione tra i raggi ultravioletti e la bilirubina possa realmente portare a un’alterazione del colore del sangue.

 

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