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L’inquinamento del mare colpisce anche le meduse

Scienze
Meduse (Getty Images)

Durante l’Aquatilis Expedition sono stati prelevati e analizzati, dalle acque dell’isola di Ponza, degli esemplari di Pelagia noctiluca 

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Anche le meduse sembrano ingerire i frammenti di plastica che fluttuano nei mari. A dimostrarlo è lo studio, pubblicato su Nature Scientific Reports, condotto dalla cooperazione dei ricercatori dell’Università di Siena, di quella della Tuscia e da un’ampio team di collaborazione internazionale.

Aquatilis Expedition

Durante la campagna mediterranea Aquatilis Expedition sono stati analizzati degli esemplari di Pelagia noctiluca, una particolare specie di medusa diffusa nel Mediterraneo.
I soggetti dello studio sono stati prelevati nelle vicinanze dell’isola di Ponza, in corrispondenza di un grande accumulo di rifiuti, dovuto dalla convergenza, in quelle acque, di diverse correnti superficiali.
I ricercatori hanno evidenziato la presenza di detriti plastici nelle meduse, che probabilmente identificano erroneamente come prede i frammenti di rifiuti presenti nel mare. Questa nuova rivelazione solleva un’ulteriore preoccupazione sull’impatto che l’inquinamento plastico potrebbe avere sulla fauna marina.

La medusa Pelagia noctiluca

La specie analizzata nel corso della ricerca appartiene alla famiglia delle meduse Pelagiidae. Dotato di una particolare ombrella dalla colorazione rosea, l’invertebrato marino ha otto tentacoli marginali che possono raggiungere i 10 metri di lunghezza. Assidui abitanti delle acque del Mediterreo, gli sciami di P. nucticula possono aggregarsi costituendo concentrazioni molto elevate, circa 600 individui per metro quadrato.

Inquinamento marittimo

La concentrazione di rifiuti presente nelle acque italiane sembra essere paragonabile a quella delle “isole di plastica” che troviamo negli oceani.
Greenpeace, attraverso dei rilievi effettuati durante il tour “Meno plastica più Mediterraneo”, ha così permesso l’identificazione di 14 diversi tipi di polimeri tra i rifiuti presenti nelle acque italiane. La maggior parte delle plastiche ritrovate è costituita dal polietilene, il polimero presente nei packaging e negli imballaggi usa e getta. Serena Maso, responsabile della campagna di Greenpeace commenta: “Per invertire questo drammatico trend bisogna intervenire alla fonte, ovvero la produzione. Il riciclo non è la soluzione e sono le aziende responsabili che devono farsi carico del problema, partendo dall’eliminazione della plastica usa e getta”.