Kenya, un cranio conferma l'origine comune di scimmie ed esseri umani

Scienze
Il cranio rinveuto vicino al lago Turkana (copyright: Isaiah Nengo; foto: Christopher Kiarie)
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Il teschio, grande come un limone, risale a 13 milioni di anni fa. Secondo uno studio pubblicato su “Nature”, apparterrebbe a una specie molto vicina a quella da cui è nato l'uomo

Un piccolo teschio, rinvenuto nel 2014 in Kenya, rivela il possibile aspetto dell'antenato comune tra le scimmie e gli esseri umani. A rivelarlo è stata un'equipe internazionale di scienziati che per quasi tre anni ha studiato il cranio. Lo studio è stato pubblicato mercoledì 9 agosto sulla rivista “Nature”.

Un cranio di 13 milioni di anni fa

Il fossile, delle dimensioni di un limone, appartiene a un bambino (o, meglio, un cucciolo) di 16 mesi, ribattezzato “Alesi” e vissuto circa 13 milioni di anni fa, ed è stato scoperto a settembre 2014 da un giovane locale, John Ekusi, in un sito desertico di Napudet, a ovest del lago Turkana, in Kenya. Si tratta, secondo Fred Spoor, paleontologo olandese dell'Istituto di Antropologia evolutiva “Max Planck” di Leipzig, in Germania (a capo dello studio insieme al keniano Isaiah Nengo), della “prima prova di come noi esseri umani e la nostra famiglia di provenienza, vale a dire quella delle grandi scimmie e gibboni, abbiamo cominciato a evolversi come due gruppi distinti, separati da quello delle scimmie”.  

L'analisi del cranio

Il teschio è stato analizzato presso L'Esrf, (European Synchrotron Radiation Facility) di Grenoble, in Francia, per mezzo di raggi X 100 miliardi di volte più accurati di quelli utilizzati negli ospedali, ricavandone immagini che rivelano la struttura della cavità cerebrale, dell'orecchio interno e persino dei denti incipienti. Proprio dall'analisi di cranio e dentatura gli studiosi hanno trovato delle somiglianze con alcune specie di gibboni, ominidi che come bonobo, gorilla, oranghi e scimpanzé sono "vicini" all'uomo.

Una nuova specie

Il soprannome “Alesi” deriva da una parola – ales - che in dialetto locale significa “antenato”. Da qui anche il nome scientifico con cui è stata ribattezzata la nuova specie, Nyanzapithecus alesi. La scimmia estinta, probabilmente morta in un'eruzione vulcanica, secondo gli esperti rappresenta un nuovo importantissimo tassello che copre il “buco” temporale (caratterizzato da una scarsità di fossili) del Miocene.

Altri esperti chiedono cautela

Da più parti, però, si richiede cautela. Il direttore dell'Istituto Catalano di Paleontologia, Salvador Moyà Solà, ad esempio, sostiene che il cranio – sebbene sia “una scoperta fantastica” - “da solo non è sufficiente per collocare esattamente la specie all'interno della catena evolutiva”. Va detto però che lo scienziato, come scrive il quotidiano spagnolo “El Pais”, ha degli interessi in gioco. Nel 2015, infatti, il suo gruppo di lavoro presentò la sua “candidata” a ricoprire quel “buco”: Laia, femmina adulta di un ominide vissuto 12 milioni di anni fa.

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