La proteina "Klotho" promette sviluppi futuri nella battaglia alle malattie che portano al deterioramento cognitivo come il Parkinson
Una molecola in grado di potenziare le funzioni cognitive, capace di fare effetto in breve tempo e per diverse ore, è stata scoperta da un gruppo di ricercatori dell'Università di San Francisco. Lo studio è stato pubblicato martedì 8 agosto sulla rivista "Cell Reports".
L'ormone che migliora le funzioni cognitive
La molecola in questione è la proteina Klotho, un ormone già noto da alcuni anni per i suoi legami con la longevità. I ricercatori ne hanno iniettato un frammento nei topi da laboratorio, vedendo che nel giro di poche ore questi animali presentavano funzioni cognitive potenziate, soprattutto nella sfera della memoria e delle capacità di orientamento spaziale.
Il potenziale terapeutico di Klotho
Studi precedenti avevano dimostrato che gli animali che durante la vita producono concentrazioni più elevate di Klotho - una proteina che raramente gli esseri umani presentano in grande quantità - sono più longevi e protetti dalle malattie tipiche dell'invecchiamento. La ricerca dell'Università di San Francisco ha risposto alla domanda sul potenziale terapeutico del Klotho: "Ora sappiamo che sì, ce l'ha", spiegano i ricercatori che hanno dimostrato come i "super poteri" effetto della proteina iniettata, perdurino anche per alcune ore dopo che la molecola è svanita dal loro organismo. Evidenziando inoltre che l'esperimento funziona sia sugli esemplari di animali giovani sia su quelli anziani, ossia con un'età assimilabile a quella degli uomini con più di 65 anni.
Nuovi sviluppi della ricerca
Persino nei topi con forme di deficit cognitivo o con una malattia neurodegenerativa assimilabile al morbo di Parkinson è stato possibile dimostrare che l'ormone migliora le funzioni motorie. Quello che resta senza spiegazione, e su cui intendono lavorare i ricercatori, è come il frammento di Klotho produca questi effetti positivi sul cervello: una delle risposte possibili, data da Dena Dubal, professoressa associata di neurologia a capo dello studio, è che "l'ormone riesca a riorganizzare le sinapsi, ossia i collegamenti tra neuroni". "Questo lavoro – conclude Dubal – ci insegna una cosa importante, cioè che il corpo lavora come un sistema integrato che può trasmettere la resilienza al cervello".