Trapianti, scoperta una possibile alternativa ai farmaci antirigetto

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Getty Images)

Iniettare le cellule del sangue del donatore nell’organismo del ricevente prima e dopo l’operazione potrebbe aiutare il sistema immunitario ad ‘abituarsi’. È quanto emerge da alcuni test condotti sulle scimmie dai ricercatori dell’Università del Minnesota 

I risultati di alcuni esperimenti condotti sulle scimmie dai ricercatori dell’Università del Minnesota indicano che in futuro si potranno eseguire alcune tipologie di trapianti d’organo senza dover sottoporre il paziente alla terapia antirigetto. Nel corso dello studio, coordinato da Bernhard Hering, gli esperti hanno condotto dei trapianti di pancreas su scimmie col diabete e, per evitare il rigetto dell’organo, hanno iniettato, 7 giorni prima e 7 giorni dopo l’intervento, cellule del sangue dei primati usati come donatori, in modo da ‘abituare’ il sistema immunitario del ricevente. La procedura è stata descritta nel dettaglio sulla rivista di settore Nature Communications.

Una possibile alternativa ai farmaci antirigetto

I risultati ottenuti dal team di ricerca potrebbero rappresentare un punto di svolta per i trapianti: questi interventi salvano spesso la vita dei pazienti, ma li costringono anche ad assumere dei farmaci antirigetto in grado di difendere l’organo trapiantato dagli attacchi del loro sistema immunitario. Questa terapia non può essere interrotta e presenta numerosi effetti collaterali, in quanto inibisce le difese immunitarie del paziente. Come dimostrato dal test svolto sulle scimmie, l’iniezione di cellule del sangue del donatore nell’organismo del ricevente potrebbe rappresentare un’alternativa ai farmaci antirigetto, perlomeno per tutti i trapianti da donatore vivente (come quelli di fegato, reni o pancreas).

Gli esiti dei test condotti sulle scimmie

I test condotti dalle scimmie dai ricercatori dell’Università del Minnesota sono andati a buon fine: dopo aver iniettato le cellule dei donatori negli animali diabetici prima e dopo il trapianto di pancreas, gli esperti hanno ripetuto la procedura, stavolta accompagnata da una terapia antirigetto di breve durata. Dopo che quest’ultima è stata sospesa, le scimmie sono state benissimo per i successivi due anni di osservazione previsti dallo studio. In futuro, questa soluzione potrebbe incentivare i trapianti di ‘isole pancreatiche’ per i diabetici, attualmente eseguiti molto raramente.

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