Candida Auris, la diffusione può essere attribuita al cambiamento climatico

Salute e Benessere

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista ‘mBio’, il riscaldamento globale è uno dei fattori che ha permesso al fungo killer, super-resistente ai farmaci, di avere un’importante diffusione 

La Candida Auris è un fungo lievitiforme che può causare infezioni anche pericolose in persone con un sistema immunitario debilitato, come ad esempio in chi soffre di una malattia cronica oppure ha da poco subìto un’operazione. Caratterizzato da un importante grado di contagiosità e da una forte resistenza ai farmaci antimicotici, è stato definito ‘killer’ per essere stato causa di morte per persone che ne erano state infette. Le infezioni da Candida Auris sono accompagnate da bruciore, difficoltà a deglutire, dolori muscolari, febbre e affaticamento. Scoperto per la prima volta nel 2009 nell’orecchio di una 70enne giapponese (da qui la denominazione di ‘auris’) negli ultimi anni il fungo si è rapidamente diffuso in molti Paesi. In Europa, la prima infezione si è verificata a Londra, all’interno di un ospedale cardiologico. Negli Stati Uniti, la Candida Auris è stata definita una “minaccia impellente”, con quasi 600 casi accertati, di cui più di 300 nel solo stato di New York. Mentre in Italia, secondo uno studio pubblicato su Eurosurveillance, tra il 2013 e il 2017 non sono state segnalate infezioni.

Un fungo diffuso in tre continenti

Ma perché questo fungo ha avuto una così rapida diffusione negli ultimi anni? A cercare di dare una risposta ci hanno pensato i ricercatori Arturo Casadevall, Dimitrios P. Kontoyiannis e Vincent Robert, il cui lavoro è stato pubblicato su ‘mBio’, rivista legata alla Società Americana di Microbiologia. Gli esperti sono partiti da un dato particolare: dalla sua scoperta nel 2009, la Candida Auris sarebbe emersa in contemporanea ma in modo indipendente in India, in Sud Africa e in Sud America (Venezuela). Come sostengono gli studiosi, sebbene nuove specie di patogeni fungini siano stati scoperti e descritti regolarmente, si tratta per lo più di specie associate a singoli casi in soggetti immunodepressi. In questo studio, è stata analizzata l'analisi filogenetica per confrontare la suscettibilità alla temperatura di Candida Auris con quelle dei suoi parenti stretti. Il risultato è stato che è possibile sostenere che si potrebbe trattare del primo esempio di una nuova malattia fungina che emerge dai cambiamenti climatici, senza dimenticare però che molti altri fattori potrebbero aver contribuito alla sua diffusione.

Cresce e si adatta a temperature sempre più elevate

"L'argomentazione che stiamo formulando sulla base del confronto con altri funghi, parenti stretti della Candida Auris, è che man mano che il clima si è riscaldato, alcuni di questi organismi, tra cui proprio questo fungo, si sia adattato a temperature sempre più elevate, sopravvivendo", ha affermato Casadevall, presidente di microbiologia molecolare e immunologia presso la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, negli Stati Uniti. "Il riscaldamento globale può portare a nuove malattie fungine, arrestando e invertendo i progressi compiuti nella salute umana” ha aggiunto. Per lo studio, i ricercatori hanno esaminato la suscettibilità termica del fungo e hanno scoperto che era in grado di adattarsi e crescere a temperature più elevate di quanto molti dei suoi parenti siano in grado di tollerare. Lo studio teorizza come si tratti di un fungo inizialmente sviluppato in zone molto umide e che potrebbe esser stato veicolato da un uccello marino e quindi essere divenuto contagioso per l’uomo.

Le previsioni degli esperti

Secondo gli esperti, dunque, i cambiamenti climatici indotti dall'uomo riscalderanno la Terra di diversi gradi nel 21esimo secolo, il che ridurrà l'entità del gradiente tra le temperature ambientali e le temperature basali dei mammiferi. Di conseguenza, vi è la preoccupazione che temperature ambientali più elevate porteranno alla selezione di lignaggi fungini che diventeranno più termicamente tolleranti, in modo tale da poter violare la zona di restrizione termica dei mammiferi.

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