Tumori: Iss, una nuova terapia stimola la risposta immunitaria

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Agenzia Fotogramma)

Nel corso di una sperimentazione clinica di fase I, i ricercatori hanno stabilito che la combinazione tra le cellule immunitarie di un paziente e l’anticorpo rituximab può rappresentare una promettente terapia personalizzata per chi ha un linfoma follicolare avanzato 

Al termine di una sperimentazione clinica di fase I, i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in collaborazione con gli esperti dell’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea di Roma (il Centro clinico dov’è stata condotta la ricerca) e del Centro di Riferimento Oncologico (Cro) di Aviano, hanno stabilito che la combinazione tra le cellule immunitarie di un paziente, isolate e attivate in laboratorio, e l’anticorpo monoclonale rituximab può rappresentare una promettente terapia personalizzata per chi ha un linfoma follicolare avanzato resistente ai trattamenti convenzionali. Questa forma di tumore è caratterizzata dalla proliferazione incontrollata dei Linfociti B. Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Clinical Cancel Research, è stato condotto su otto pazienti refrattari o recidivanti che in passato erano già stati sottoposti a dei trattamenti. I ricercatori hanno osservato in ognuno di loro l’attivazione di una risposta immune antitumorale. Inoltre, nella metà dei partecipanti si è verificata una risposta clinica parziale o completa con riduzione o scomparsa della patologia sia nei linfonodi trattati sia in quelli non ancora sottoposti al trattamento.

L’efficacia del nuovo trattamento

"Siamo molto soddisfatti dell'esito di questo studio, perché abbiamo visto concretizzarsi in risultati clinici lunghi anni di ricerche condotte in laboratorio, in collaborazione con i ricercatori del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell'Iss, sulle cellule dendritiche da noi 'lavorate', le cosiddette Ifn-DC”, spiega Eleonora Aricò, ricercatrice di FaBioCell. “È stato molto gratificante osservare che le cellule del paziente, coltivate per soli tre giorni nelle condizioni da noi messe a punto nell' 'officina per farmaci cellulari' dell'Iss, una volta re-inoculate nel linfonodo malato erano capaci di educare il sistema immunitario a riconoscere e combattere le cellule tumorali", aggiunge l’esperta. Nel corso dello studio, le Ifn-DC sono state inoculate all’interno di un linfonodo malato pretrattato con rituximab per potenziarne l'efficacia. La procedura ha stimolato una risposta immunologica antitumorale in tutti i pazienti e in metà dei partecipanti si è verificata la riduzione o la scomparsa del tumore in tutti i linfonodi. Il trattamento non ha causato effetti collaterali.

I risultati clinici

"I risultati clinici dello studio sono veramente promettenti, considerato che i pazienti arruolati avevano caratteristiche cliniche sfavorevoli, poiché recidivati dopo diversi trattamenti, tra cui anche l'autotrapianto. La somministrazione della terapia si è rivelata molto semplice, priva di tossicità ed estremamente ben tollerata da tutti i pazienti”, afferma Maria Christina Cox, responsabile clinico del protocollo presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea. “Penso che il campo di applicazione più interessante della terapia con Ifn-DC nel linfoma follicolare sia nelle fasi precoci di malattia quando il sistema immunitario del paziente è più integro e il linfoma è meno aggressivo e resistente", aggiunge l’esperta. Secondo Imerio Capone, il ricercatore del Dipartimento Oncologia e Medicina Molecolare dell’Iss che ha coordinato lo studio (assieme a Filippo Belardelli), il fatto che il trattamento sia stato sperimentato su pochi pazienti non consente di trarre conclusioni definitive sulla sua efficacia clinica, la quale potrà essere determinata solo nel corso di ulteriori studi di fase più avanzata su un maggior numero di pazienti. "Le Ifn-DC rappresentano un nuovo tipo di cellule dendritiche dotate di molteplici attività antitumorali e adatte allo sviluppo di terapie combinate più efficaci, sia nelle neoplasie ematologiche sia nei tumori solidi. In questa prospettiva, miriamo a espandere il raggio d'azione delle Ifn-DC: stiamo, infatti, sviluppando uno studio clinico in pazienti con glioblastoma e studi di combinazione con anticorpi immunostimolatori in altri tumori solidi", conclude l’esperto.

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