Come e perché la violenza di genere compromette il diritto alla salute

La violenza di genere è un tema di salute pubblica. Ma troppo spesso nega il diritto alla salute delle donne. Perché quando si è vittime di violenza prendersi cura di sé è difficilissimo, spesso impossibile. La ricostruzione di sé, però, passa anche attraverso un percorso di salute, sia fisica che mentale. Ed è per rispondere a questo bisogno e indagare un tema inesplorato che nasce il progetto “La salute è di tutte. Contro la violenza di genere, per il diritto delle donne alla salute”, realizzato da D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza, con il supporto di Novartis, azienda leader nell’innovazione in ambito farmaceutico. L'indagine su 207 donne dei centri antiviolenza D.i.Re Al centro del progetto un’indagine – curata dalla Professoressa Manuela Stranges, del Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza “Giovanni Anania”, Università della Calabria - che ha coinvolto 207 donne nei centri antiviolenza della rete D.i.Re in tutta Italia, i cui risultati mostrano gli ostacoli che la violenza crea nell’accesso delle donne alla prevenzione e ai percorsi di presa in carico. Quasi la metà delle donne intervistate non ha mai preso parte alle iniziative di screening promosse sul territorio e il 31% di coloro che ha bisogno di cure incontra barriere nell’accesso ai servizi sanitari a causa della violenza. Tra salute mentale fragile e mancata prevenzione E oltre il 70% delle intervistate ha sperimentato episodi di solitudine nel corso dell’anno, segnalando la diffusione di un senso di isolamento relazionale: “L’indagine ha evidenziato che la violenza agisce come fattore strutturale di impoverimento della salute mentale delle donne: produce ansia, isolamento, senso di colpa, fatica a fidarsi di sé e degli altri”, ha commentato la docente a spiegando i risultati dell’indagine. “La salute psicologica delle donne intervistate è in una condizione di maggiore fragilità rispetto alla salute fisica. In questo senso, il supporto dei centri antiviolenza è percepito come fondamentale. Il 75,8% delle intervistate dichiara un miglioramento del proprio benessere mentale dopo l’accesso al centro antiviolenza”. E anche la prevenzione emerge come tema chiave, con quasi la metà delle intervistate che dichiara di rivolgersi al medico “solo in caso di sintomi”, indicando un approccio più reattivo che preventivo alla gestione della propria salute. Il 37,2% del campione ha affermato di ricorrere a visite, controlli e screening di prevenzione solo in presenza di sintomi. "Il tema della violenza è un tema di salute pubblica e come tale va affrontato", osserva la Professoressa Stranges. "La violenza di genere ha due diversi impatti sulla salute: uno diretto e uno indiretto, oltre che poco esplorato: coloro che subiscono violenza si curano meno e fanno meno prevenzione perché sono oberate di lavoro di cura familiare e domestico. Riportare al centro questo diritto è fondamentale". Questa indagine per la prima volta racconta gli effetti indiretti. "Se ci sono pochi dati a riguardo è perché poco è stato chiesto alle donne". La presidente di D.i.Re: "I diritti non sono neutri, neanche in tema di salute" “In questo progetto abbiamo portato le esperienze delle donne che incontriamo nei nostri centri antiviolenza: sono mediamente 24 mila l’anno. Si tratta di una ricerca importantintissima perché verte ancora una volta sull’assunto che i diritti non sono neutri. Anche nel caso del diritto alla salute: le donne stanno peggio”, dice a SkyTG24 Insider Cristina Carelli, Presidente D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza. "Con questa indagine abbiamo verificato e dimostrato che le donne accedono molto meno alla cura della salute e in particolar modo alla prevenzione.“Più si trovano in situazioni di sofferenza che limitano la loro libertà come nel caso di vissuti legati alla violenza, più faticano. E la fatica ha a che fare spesso anche con le risorse economiche per acquistare i farmaci, e questo ci riporta alla necessità di lavorare sull’indipendenza economica delle donne”. Il lavoro condotto dalla Professoressa Stranges su un campione di 207 donne afferenti ai centri associati a D.i.Re, sottolinea Carelli, fa emergere l’importanza del lavoro multidisciplinare anche da un punto di vista sanitario. “E ci dà l’opportunità di ricordare come il Sistema Sanitario Nazionale deve avere una collaborazione stretta con i centri antiviolenza, che hanno un effetto positivo sulle donne, dimostra la ricerca. Il SSN deve diventare sempre più sensibile e accogliente nei confronti delle donne”. Quando si è madri, poi, propri bisogni di cura sono sacrificati molto spesso a favore dei figli, soprattutto in casi di violenza. “Se già per tutte le donne purtroppo, ancora oggi, è abbastanza consueto mettere in secondo piano se stesse, dietro ai bisogni di altri e altre, quando ci sono dei figli questo si accentua. E le donne che vivono situazioni di violenza convivono con la fortissima preoccupazione di non riuscire a tutelare a sufficienza i propri figli o figlie, oltre alla paura di vedere messa in discussione la loro genitorialità. Figuriamoci se si occupano della loro salute”, sottolinea la presidente di D.i.Re. Tra mancanza di energie e il non sentirsi "degne" Ci sono poi altri aspetti che influiscono negativamente sul prendersi cura di sé e della propria salute: quelli psicologici, come quello di non sentirsi degne di cura. “L’effetto della violenza è proprio questo: ridurre l’autostima, ridurre il senso di sé. Smettere di considerarsi come un soggetto che ha dei diritti. Perché spesso per molto tempo hanno assorbito azioni e parole pervasive e violente del maltrattante”, spiega Carelli. “Noi invece dobbiamo dire alle donne che loro sono degne, che hanno valore. E la salute è un loro diritto”. Un altro tema ha a che fare con la mancanza di forze, anche psicologiche: "La violenza è un vero e proprio drenaggio di energie", ricorda Carelli: "Non c'è spazio per occuparsi della propria salute. Quando sei in guerra, alla fine della giornata pensi solo a portare a casa la pelle". Le donne vittime di violenza vivono come a metà, sono delle "sopravvissute". E spesso "quando arrivano nei nostri centri hanno crolli fisici ed emotivi. Questo è un segnale". La salute è anche una questione di parità di genere Il progetto è supportato da Novartis: “Come azienda che lavora alla frontiera dell’innovazione medico-scientifica, riteniamo importante impegnarci a favorire nuovi modelli di collaborazione a livello sanitario e sociale, per garantire la piena realizzazione del diritto alla salute secondo criteri di equità e di universalità”, osserva Chiara Gnocchi, Country Communication e Advocacy Head di Novartis Italia, che sottolinea come parità di genere e salute debbano essere strettamente connesse: "Oggi la salute viene presa in carico soprattutto delle donne: sono loro che si occupano di figli, genitori e compagni, ma meno di loro stesse. Non c'è però salute senza parità di genere". Il progetto di prevenzione in cinque città italiane Per avvicinare le donne vittime di violenza ai percorsi di prevenzione e presa in carico, il progetto “La salute è di tutte” nei prossimi mesi prevede la realizzazione di un calendario di appuntamenti in una selezione di centri antiviolenza della rete D.i.Re su tutto il territorio nazionale, con visite gratuite per le donne e colloqui dedicati alla prevenzione del tumore al seno e delle malattie cardiovascolari, che sono tra le principali cause di morte tra le donne in Italia, in particolare nelle fasce d'età comprese tra i 35 e i 55 anni. Le città coinvolte in queste giornate saranno Genova, Viareggio, Messina, L’Aquila e Taranto. L’obiettivo è creare un ponte verso la prevenzione e la cura proprio nei luoghi dove le donne si rifugiano per liberarsi dalla violenza e iniziare un percorso di cura, necessario per una ricostruzione di sé.

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Giulia Mengolini