Alzheimer, in Italia è un'emergenza sociale: coinvolte 4 milioni di persone

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L'Alzheimer non è soltanto una malattia della memoria, ma è diventata una vera e propria emergenza. Ai circa 1,1 milioni di pazienti con demenza si aggiungono infatti almeno 3 milioni di caregiver familiari, spesso lasciati soli. La Società italiana di geriatria in occasione della Giornata mondiale richiama l'attenzione sul coinvolgimento dei caregiver, a rischio di ansia e depressione

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Non solo una malattia della memoria, anche una vera e propria emergenza sociale: sono oltre quattro milioni le persone in Italia che soffrono di Alzheimer, la cui Giornata mondiale ricorre ogni 21 settembre. Ai circa 1,1 milioni di pazienti con demenza si aggiungono infatti almeno tre milioni di caregiver familiari, spesso lasciati soli ad affrontare un peso enorme, con gravi ripercussioni sulla loro salute psicologica, fisica ed economica. Per questo la Società italiana di geriatria ospedale e territorio (Sigot), in occasione della Giornata richiama l'attenzione sul coinvolgimento dei caregiver e sulle conseguenze delle loro fatiche quotidiane.

Il 41% dei caregiver soffre di ansia o depressione

Secondo gli studi internazionali citati dalla Sigot, il 40% dei caregiver sviluppa sintomi di ansia o depressione: applicato alla realtà italiana significa oltre 1,2 milioni di persone a rischio di ammalarsi perché curano un familiare. Alla sofferenza quotidiana si aggiunge lo stigma sociale: molte famiglie vivono la diagnosi come una condanna da nascondere, restando isolate e prive di sostegno. L'Alzheimer è oggi la settima causa di morte nel mondo e in Italia assorbe circa 15 miliardi di euro l'anno, un costo che grava quasi esclusivamente sulle famiglie. La ricerca scientifica sta facendo progressi importanti, ma ancora non risolutivi: l'immunoterapia con anticorpi monoclonali anti-amiloide ha mostrato la capacità di rallentare il declino cognitivo in alcuni pazienti solo in misura contenuta. "La speranza nei farmaci innovativi è importante, ma non sufficiente. Serve una visione più ampia e integrata - sottolinea Lorenzo Palleschi, presidente della Sigot - Le priorità sono da individuarsi nella diagnosi precoce e in reti territoriali dedicate, con centri cognitivi diffusi; nella prevenzione attraverso stili di vita sani, attività fisica, alimentazione equilibrata e stimolazione cognitiva; comunità dementia-friendly, capaci di accogliere e non isolare; sostegno psicologico e servizi domiciliari strutturati per i caregiver".

Il rapporto: 'La riabilitazione è parte della cura'

La riabilitazione come parte integrante della cura della demenza: è questo il tema centrale del Rapporto Mondiale Alzheimer 2025, redatto da Alzheimer's Disease International (Adi) e presentato in Italia dalla Federazione Alzheimer in vista del 21 settembre. Un documento che converge con le linee guida per la diagnosi e il trattamento della demenza redatte in Italia dall'Istituto Superiore di Sanità, che confermano il valore degli interventi riabilitativi e psicosociali come parte integrante dell'assistenza accanto ai farmaci. "Il tema della riabilitazione dovrà essere incluso nel nuovo Piano, garantendo che questa tipologia di interventi sia parte integrante dei percorsi di cura e assistenza - spiega Mario Possenti, segretario generale della Federazione. "È necessario un vero cambiamento culturale: dobbiamo smettere di pensare che la vita finisca con la diagnosi di demenza. Una persona può vivere ancora a lungo, in modo pieno e con dignità - prosegue- se ha accesso a un sostegno efficace e personalizzato, capace di valorizzare le capacità residue e accompagnare la famiglia. Investire nella riabilitazione e nel supporto non è solo un dovere etico, ma anche una scelta strategica e sostenibile per il nostro futuro".

Dai percorsi riabilitativi all'esercizio fisico

Tra le priorità individuate per il futuro del nostro Paese: accesso ai percorsi riabilitativi e training cognitivi, capaci di sostenere memoria, attenzione e funzioni esecutive, in particolare nelle fasi iniziali, esercizio fisico e attività creative, terapia della reminiscenza, sviluppo della teleriabilitazione, per facilitare l'accesso ai programmi di sostegno a chi vive lontano dai centri specializzati, formazione dei terapisti. "La riabilitazione restituisce un senso di identità e di intenzionalità: anche i più piccoli progressi possono trasformare una vita - ha dichiarato Paola Barbarino, Ceo di Alzheimer's Disease International - Con il giusto supporto si può vivere bene per molti anni dopo la diagnosi. È tempo che i sistemi sanitari offrano percorsi di riabilitazione per la demenza, come avviene per altre condizioni croniche", conclude.

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