Che cos'è la povertà mestruale (e cosa significa avere il ciclo in zone di guerra)

"Ho problemi con il ciclo mestruale. In questo momento ho le mestruazioni: ho dovuto farmi degli assorbenti da sola usando la stoffa di una vecchia maglietta e del cotone. Ho paura persino di muovermi, paura di sporcarmi". Il racconto è di Safiya, una delle donne di Gaza, quelle che hanno la fortuna di essere ancora vive . Oltre a cercare di sopravvivere quotidianamente sotto le bombe con i propri bambini, devono scontrarsi con la mancanza di acqua corrente e prodotti mestruali che le sottopone a importanti rischi per la salute. Tra loro c'è Safiya, madre separata con cinque figli, che intercettata dalle operatrici umanitarie di ActionAid ha raccontato le difficoltà quotidiane che è costretta ad affrontare. Senza accesso a prodotti per l'igiene a prezzi accessibili, la salute dei suoi figli sta peggiorando - in particolare quella di due bambini che soffrono di celiachia e di un altro figlio che dovrebbe essere curato per un’infezione batterica. A complicare un quadro già drammatico, il ciclo mestruale: ogni mese la donna è costretta a realizzare assorbenti improvvisati usando la stoffa di vecchi vestiti: "Non posso permettermi di comprare assorbenti veri", racconta. "Sono disponibili al mercato, ma non ho soldi per comprarli e nessuno che mi aiuti. Ho bisogno di supporto", è il suo grido. Povertà mestruale: lesione della dignità e rischi per la salute I diritti mestruali sono diritti umani. E in quanto tali non possono essere ignorati. La mancanza di assorbenti, di acqua corrente e di sapone espone le donne non solo a un ulteriore stress, ma anche a virus, infezioni e malattie che possono essere fatali. E l'avvicinarsi delle temperature estive non farà che peggiorare le condizioni igieniche. Nell'orrore di cercare di sopravvivere in uno scenario di guerra, quello dell'igiene mestruale - di cui si celebra la Giornata Mondiale ogni 28 maggio - a uno sguardo superficiale può sembrare un problema di serie B. Invece il mancato accesso ai prodotti mestruali, come raccontato da Safiya, espone a gravi problemi di salute, oltre ad avere a che fare con la dignità umana. Secondo le stime di UN Women, ogni mese solo nella striscia sono necessari circa 10 milioni di assorbenti igienici usa e getta o 4 milioni di assorbenti riutilizzabili per soddisfare le esigenze di 690 mila donne e ragazze di Gaza. Alcune di loro sono così disperate da essere costrette a tagliare pezzi di stoffa dalle tende in cui vivono per usarle come sostituti degli assorbenti igienici, andando incontro a gravi infezioni. E in mancanza di bagni funzionanti e acqua pulita, spesso ci si può concedere una doccia solo una volta al mese. Un altro tema è quello della privacy, impossibile da trovare in tende con centinaia di sfollati. "Nel luogo in cui ci troviamo, c'è un solo bagno condiviso da uomini, donne e bambini. Mi vergogno ad aspettare in fila quando ho il ciclo, e questo mi causa disagio mentale e fisico", ha raccontato al Guardian Mona, una ragazza di 17 anni che vive a Rafah. La giovane soffre anche di forti dolori mestruali che la portano spesso a vomitare. "Vivere le mestruazioni in queste circostanze è come vivere un altro topo di guerra", ha raccontato. La period poverty rappresenta una forma di disuguaglianza di genere ancora estremamente diffusa. Si manifesta quando mancano le risorse economiche, igieniche e informative per vivere il ciclo mestruale in modo dignitoso e, secondo le stime, riguarda 500 milioni di donne nel mondo . "EnCICLOpedia", la prima indagine sulla povertà mestruale in Italia Ma la povertà mestruale non riguarda solo le donne che vivono in Paesi del terzo mondo o in contesti di guerra o emergenza. Per indagare questo fenomeno, diffuso ma sommerso, nel 2024 l'organizzazione umanitaria WeWorld ha realizzato, in collaborazione con Ipsos, "EnCICLOpedia", la prima indagine sulla povertà mestruale condotta in Italia che si è avvalsa di un doppio approccio: quantitativo ma anche qualitativo, raccogliendo le storie di donne che anche nel nostro Paese hanno raccontato di non potersi permettere prodotti mestruali come assorbenti, tamponi o coppette. Dallo studio, condotto dalla coordinatrice del centro studi We World Martina Albini, sono emersi dati preoccupanti: in Italia quasi 1 persona su sei non può permettersi di acquistare prodotti mestruali. E una su 7 ricorre alla carta igienica per la gestione del sanguinamento. Eppure parlarne in spazi pubblici è ancora un tabù: un altro dato emerso dal report è che nonostante le persone intervistate abbiano dichiarato di perdere mediamente 6,2 giorni di scuola e 5,6 di lavoro in un anno a causa delle mestruazioni e del dolore provocato, 1 uomo su 5 si è detto convinto che parlare di mestruazioni al lavoro sia poco professionale, mentre 2 su 5 non si sentono a proprio agio a pronunciare le parole “mestruazioni” e “ciclo mestruale”. Oltre alle barriere, lo stigma che resiste. Un tema di salute pubblica: promuovere la giustizia mestruale Per combattere la povertà mestruale, ricorda WeWorld, è necessario adottare un’ottica di giustizia mestruale. Quando c’è giustizia mestruale tutte le persone che hanno le mestruazioni non solo possono accedere ai prodotti mestruali e scegliere quelli più adatti a loro, ma sono anche libere di decidere per il proprio corpo, ricevono adeguate informazioni, possono vivere il proprio ciclo mestruale libere da stigma e disagio psicologico e non sono limitate nella partecipazione alla vita sociale. Anche la Tampon Tax, la tassa su assorbenti, tamponi e coppette - riportata al 10% dopo una riduzione al 5% nel 2022 - fa parte di un problema sistemico: quello della period poverty. Secondo WeWorld "una vera e propria forma di discriminazione" che colpisce le persone con un ciclo mestruale: perché le mestruazioni non sono solo un fatto personale, ma una questione di diritti umani e salute pubblica.

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