Liste d’attesa Sanità, il 52% delle visite non rispetta i tempi. L'analisi di Altroconsumo
Salute e BenessereIntroduzione
Le liste d’attesa per una visita o un esame con il Servizio sanitario nazionale sono molto lunghe, come dimostra l’ultima indagine Altroconsumo che ha rilevato tempistiche estenuanti e che spesso non rispettano i tempi massimi previsti dalle normative. Ecco cosa sapere
Quello che devi sapere
Tempi che si allungano
- Solo il 40% circa degli italiani alle prese con le liste d’attesa sa che la normativa prevede dei tempi massimi di attesa per ottenere l’appuntamento per una visita o un esame. Esistono quindi delle regole, che, però, non vengono applicate: più della metà di queste visite (52%) e più di un terzo degli esami (36%) vanno oltre questi tempi massimi, con attese medie di circa 105 giorni. Molte di queste, però, sono visite estremamente delicate, come quelle che servono per individuare problemi gravi come i tumori (un esempio sono la mammografia e la colonscopia, che necessitano di un’attesa di 5 mesi). Tempistiche leggermente inferiori per una visita endocrinologica oppure gastroenterologica, per le quali servono rispettivamente 146 e 137 giorni
Per approfondire: Liste d’attesa, 2 anni per una mammografia e 3 mesi per una visita urgente. L’indagine
Quali visite vengono rinviate
- Secondo la ricerca di Altroconsumo, che ha chiesto ai consumatori quale classe di priorità era indicata sulle ricette delle prestazioni che hanno cercato di prenotare contattando il Cup, sono soprattutto quelle più urgenti ad andare fuori tempo massimo. Nel 76% dei casi, infatti, si tratta delle visite con priorità “U - urgente”, cioè da fare entro 72 ore dalla prescrizione per la gravità del problema di cui sospetta il medico di base, e di quelle con priorità “B - breve”, da fare entro 10 giorni per evitare che il problema si aggravi. In pratica in 3 casi su 4 chi aveva bisogno di una visita o un esame in tempi brevi per un problema serio, non si è visto garantire questo diritto. Una percentuale che non cambia anche per le visite con classe di priorità "D - differibile", da fare entro 30 giorni
Per approfondire: Sanità, decreto liste d'attesa diventa legge: cosa prevede
La situazione di visite ed esami
- Inoltre, l'analisi evidenzia come troppo spesso per esami e visite sia necessario aspettare anche più di un anno. Ad andare oltre i 12 mesi di attesa sono il 18% delle mammografie, a seguire visite dermatologiche, gastroenterologiche e oftalmologiche (12%). In generale, la situazione è peggiore per le visite specialistiche (52% non rispettano i tempi) che per gli esami (36%). Le ragioni alla base di questa differenza si possono immaginare: le visite necessitano sempre della presenza di medici e i medici, di questi tempi, sono “in fuga” dal servizio pubblico
Le difficoltà con il Ssn
- Il 73% degli italiani che hanno provato a prenotare una vista o un esame con il Servizio Sanitario Nazionale ha riscontrato problemi. Il principale è stato quello della lunga attesa in qualsiasi struttura del proprio territorio (30%), ma non è stato l’unico. Anche le agende chiuse rappresentano un problema, infatti, nel 26% dei casi, non è stato possibile prenotare alcun appuntamento a causa dell’indisponibilità dell’agenda e della mancanza di date disponibili, nonostante la legge lo vieti. Un altro disagio riguarda la lontananza delle strutture (13%), dal momento che gli “ambiti territoriali di garanzia”, possono essere vasti. Può essere difficile anche contattare il Cup o la struttura (11%), con attese lunghe, numeri sempre occupati o linee che si interrompono dopo inutili attese
Il boom del privato
- E cosa fanno quindi le famiglie? Spesso si rivolgono al privato: nel 30% dei casi le persone hanno scelto questa strada, spendendo in media 138 euro (una media che cela spese anche più alte, vicine ai 725 euro). In un quarto dei casi queste cifre si sostengono tramite assicurazioni sanitarie: il 25% ne ha una (nel 20% dei casi legata al suo lavoro). Non è un caso, quindi, che la spesa sanitaria sia cresciuta nel nostro Paese: nel 2023 secondo il Rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale, la spesa sanitaria delle famiglie italiane è aumentata del 10,3% rispetto al 2022. Significativo il passaggio da un decennio all’altro: tra il 2012 e il 2022, la spesa è cresciuta del 26,8%
La rinuncia alle cure
- L'alternativa del privato per qualcuno non è proprio un'opzione, probabilmente perché non può permettersela: di fronte al primo appuntamento proposto, nel 3% dei casi si decide infatti di rinunciare alla visita o all'esame prescritto e quindi, di fatto, di rinunciare a curarsi
Stato di salute e insoddisfazione
- Ben il 40% degli intervistati ha dichiarato che il suo problema, in attesa della visita di cui aveva bisogno (che sia prima visita o controllo), è peggiorato. Ed è proprio questo il male peggiore che le lunghe attese possono generare: l'impossibilità di curarsi e, quindi, i rischi per la propria salute. Non c’è da sorprendersi, quindi, che l’insoddisfazione degli italiani per le liste d'attesa sia cresciuta, passando dal 50% di insoddisfatti nella nostra precedente indagine del 2018 al 64% di oggi
La sfiducia nella sanità pubblica
- Non sorprende quindi, che gli italiani abbiano ben poca fiducia nella sanità pubblica: il punteggio è di appena 4,6 su 10, ampiamente sotto la sufficienza. Se si mette tale insoddisfazione a confronto con altri tre paesi europei, come Spagna, Portogallo e Belgio, il dato è impietoso. Al contrario di quanto accade in Italia, il punteggio di soddisfazione per la sanità raggiunge o supera la sufficienza e, nello specifico, in Spagna solo il 13% della popolazione dice di avere poca fiducia nel Ssn (contro il nostro 62%), in Portogallo il 15%, in Belgio siamo al 37% (in Belgio non esiste in realtà un sistema sanitario pubblico, quindi è stata chiesta la fiducia nel governo rispetto alla tutela della salute dei cittadini).
Per approfondire: Medici di base, in Italia ne mancano almeno 10mila: peggio di Francia e Germania