Pesticidi nel piatto: peperoni, pere e pesche i cibi più a rischio

Bene le verdure ma attenzione a peperoni e pomodori, male la frutta mentre molto meglio vanno i ‘trasformati’ e i prodotti derivati di origine animale. È un quadro dalle tinte variegate quello che emerge dal report di Legambiente sulla presenza di fitofarmaci negli alimenti che finiscono nei nostri piatti. Lo studio Per realizzare il report “Stop pesticidi nel piatto” sono stati analizzati più di 5 mila campioni provenienti sia da agricoltura tradizionale che da biologica. Complessivamente è risultato irregolare l’1,36 per cento dei campioni analizzati, il 57,2 per cento del tutto privo di fitofarmaci e la parte restante contaminata da uno o più pesticidi, ma entro i valori considerati non pericolosi per la salute. E questo è uno degli aspetti più controversi che emergono: la contaminazione multipla non rientra tra le pratiche irregolari se ogni fitofarmaco resta entro i livelli prestabiliti, ma non ci sono abbastanza ricerche per scongiurare che le interazioni tra diversi pesticidi siano effettivamente non pericolose. Verdura Analizzando i risultati per categorie, le verdure hanno registrato quasi i due terzi dei campioni privi di contaminazioni. Cereali e patate i prodotti con meno irregolarità, mentre gli ortaggi da fusto , le insalate, i pomodori, e soprattutto i peperoni hanno in media meno di un campione su due privo di qualsiasi contaminazione. Inoltre, il 7,87% dei campioni di peperone analizzato è risultato irregolare, con violazioni dei limiti di residuo riscontrate soprattutto in prodotti di origine extraeuropea. Frutta Più problematica la situazione relativa alla frutta. Nessuno dei prodotti testati supera quota 50 per cento per quel che riguarda i campioni senza alcun residuo di pesticidi. Pere e pesche le più contaminate, con le stesse pesche e gli agrumi con la più alta percentuale di contaminazione multipla. Secondo gli esperti che hanno redatto il report, per pere e pesche si tratta del “risultato di una combinazione di fattori, tra cui le difficoltà climatiche che gli agricoltori si trovano ad affrontare. Eventi come temperature elevate, siccità prolungata e piogge impreviste hanno aumentato la pressione di parassiti e malattie sulle coltivazioni, spingendo gli agricoltori a ricorrere a quantità maggiori di fitofarmaci per proteggere i raccolti”. Un maggior uso di fitofarmaci, però, aumenta le resistenza nei parassiti, innescando un circolo vizioso che andrebbe interrotto quanto prima. Trasformati, derivati animali e spezie Sono decisamente buone, invece, le statistiche che riguardano i prodotti trasformati, quelli che derivano dalla trasformazione dei vegetali. Quasi tutti i campioni analizzati sono risultati regolari, con alte percentuali di assenza totale di residui contaminanti. Molto buona la percentuale di campioni di olio extra vergine di oliva e di miele privi di contaminanti. E anche il dato del vino, sebbene peggiore, mostra una tendenza in miglioramento rispetto all’anno precedente . L’unica eccezione tra i trasformati è rappresentata dalla categoria condimenti e salse, il dato però è viziato dalla scarsità di campioni analizzati . Ottima infine la percentuale di inquinamento dei derivati di origine animale. Dei quasi 900 campioni di uova, carne, latte e omogeneizzati presi in esame nessuno era irregolare, e la quasi totalità era del tutto priva di residui. Tra gli altri ingredienti presi in esame dal report il tè e le spezie destano qualche attenzione in più. Un singolo campione di peperoncini ha mostrato la presenza di ben 18 residui diversi.

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