Science Please, la rivoluzione dell'Alzheimer

Salute e Benessere
Roberto Palladino

Roberto Palladino

Nuova puntata del podcast di scienza e medicina di Sky TG24 dedicata alle cure in arrivo contro l'Alzheimer: dai farmaci monoclonali ai nuovi esami del sangue in grado di predire l'insorgenza della malattia

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Il primo segnale è la memoria a breve termine: ci si dimentica di eventi appena successi oppure si chiedono più volte cose appena ascoltate. Poi gradualmente si peggiora, mano a mano che altre aree del cervello vengono interessate: ci si reca in una stanza senza sapere perché, si perde l'orientamento facilmente e infine si entra in una sorta di nebbia mentale da cui si riemerge sempre con maggiore difficoltà.

È l'Alzheimer, la più diffusa forma di demenza. 

La demenza più diffusa

"Attualmente in Italia ci sono circa un milione e trecentomila malati di demenza, di questi il 65% sono affetti da Alzheimer"  spiega nella nuova puntata di Science, Please il Dottor Giuseppe Di Fede, neurologo, Responsabile del laboratorio di genetica e biochimica delle demenze dell'Istituto Sacco di Milano, uno centri di ricerca sulle malattie neurologiche più importanti d'Europa.  "Praticamente  in ogni famiglia c'è uno o più malati di Alzheimer",  prosegue Di Fede, una crescita esponenziale dovuta anche  all'aumento delle aspettative di vita.

Una malattia senza cura (per ora)

L'Alzheimer al momento non ha cure ma nei prossimi anni la situazione potrebbe cambiare. Diversi farmaci monoclonali sono già stati autorizzati o sono in via di autorizzazione da parte dell'FDA statunitense. C'è poi una promettente ricerca di cui il Dottor Di Fede è uno degli autori, basata su una proteina che sembra in grado di bloccare le due proteine responsabili dei depositi all'interno del cervello all'origine della malattia. Ma sono in arrivo anche analisi in grado di rivelare con un semplice prelievo del sangue la presenza dei biomarcatori tipici dell'Alzheimer. "Cambierà il nostro modo di lavorare", prevede Di Fede. Una rivoluzione che attendono le decine di migliaia di famiglie che devono gestire con sempre maggiore difficoltà i pazienti  di questa temibile malattia.  

Dott. Giuseppe Di Fede (credit: Istituto Besta)

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