Covid, gli esperti su Omicron BQ.1.1: “È troppo presto per prevedere una nuova ondata”
Salute e BenessereLe parole di Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge di Napoli: "Troppo presto per dire che BQ.1.1 è in grado di generare una nuova ondata"
Iscriviti alla nostra newsletter per restare sempre aggiornato
Secondo il genetista Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge di Napoli, sarebbe ancora troppo presto per dire se la nuova variante della famiglia Omicron, la BQ.1.1, già nota come 'Cerberus', potrebbe provocare una nuova ondata dell'epidemia da Covid-19. In questo momento, secondo l’esperto, meriterebbero maggior attenzione le mutazioni della proteina N, una proteina interna al nucleo del virus Sars-CoV-2.
Il tweet di Roemer
A sollevare l’attenzione sulla BQ.1.1 era stato un tweet del ricercatore Cornelius Roemer, esperto di bioinformatica dell'università svizzera di Basilea, lo scorso 3 ottobre: “Sta diventando abbastanza chiaro che BQ.1.1 guiderà un'ondata in Europa e Nord America prima della fine di novembre”. Secondo i suoi dati, la sua presenza - in rapporto a quella delle varianti già presenti -, “ha continuato a più che raddoppiare ogni settimana”, tanto che “ci sono voluti solo 19 giorni per crescere di 8 volte da 5 sequenze a 200 sequenze”.
approfondimento
Covid, variante Centaurus: efficacia dei vaccini
Le parole di Zollo
Zollo, ricordando che BQ.1.1 è una sottovariante della Omicron BA.5, sottolinea che nel mondo "si rileva un incremento pari allo 0,02% in generale e non si può ancora dire che sia specifica di una nazione". Guardando i dati delle sequenze depositate nella banca dati Gisaid, un'iniziativa scientifica globale che fornisce accesso aperto ai dati genomici dei virus dell'influenza e del coronavirus responsabile della pandemia di COVID-19, "è troppo presto per dire che BQ.1.1 è in grado di generare una nuova ondata. Al suo attivo la nuova sottovariante ha tre mutazioni in una parte molto ben conservata della regione della proteina Spike con cui il virus Sars-CoV-2 si aggancia alle cellule umane", chiamata Receptor Binding Domain (RBD). Tutte e tre le mutazioni, chiamate S:444T, S:460K e S:346T, contribuiscono a fare in modo che il virus sfugga agli anticorpi. Zollo torna sulla proteina N: "Abbiamo dati sostanziali sul fatto che la nucleoproteina N sta mutando, dando un vantaggio al virus in termini di protezione. Sarebbe quindi necessario aggiornare i test attuali per non rischiare che molti casi sfuggano alla diagnosi", continua. "L’attuale 'liberi tutti' non va bene perché le varianti si stanno muovendo, si sta generando solo la positività. Quanto queste varianti siano importanti dal punto di vista clinico, lo sapremo solo fra 15 giorni", conclude Zollo.