Tumori, la strategia fotodinamica apre a nuove speranze di cura

Salute e Benessere

È quanto emerge dai risultati di un nuovo studio condotto dalle Università di Pavia e Sassari, pubblicati da poco sulle pagine della rivista Cells

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Sfruttare la terapia fotodinamica, una tecnica sperimentata ormai da diversi anni, potrebbe portare a nuove strategie per curare i tumori. Lo indicano i risultati di un nuovo studio condotto dalle Università di Pavia e Sassari, pubblicati da poco sulle pagine della rivista Cells. Sfruttando la strategia in questione, i ricercatori sono riusciti a indurre le cellule di un tumore astrocitario umano a “nutrirsi” di composti terapeutici.

In cosa consiste la terapia fotodinamica?

La terapia fotodinamica sfrutta le proprietà biochimiche di alcuni composti, naturali o di sintesi, di emettere energia in seguito a particolari stimolazioni energetiche visive che determinano, all’interno delle cellule che hanno incamerato i composti fotosensibili, la produzione di specie reattive dell’ossigeno, particolarmente tossiche per le stesse cellule. “Tra i numerosi fotosensibilizzanti impiegati da anni nella ricerca, il composto di sintesi Rosa bengala presenta interessanti proprietà spettrali e di autofluorescenza, nonché favorevoli caratteristiche terapeutiche oncologiche nei melanomi e per il trattamento di patologie oftalmologiche come i disturbi congiuntivali e palpebrali”, spiegano i ricercatori dell’Università di Pavia.

 

I tumori astrocitari rappresentano a oggi una delle sfide più difficili nel migliorare la prognosi per i pazienti con aspettative di vita ridotte a pochi mesi di sopravvivenza dalla diagnosi. Il laboratorio di Oncogenomica Funzionale, diretto da Sergio Comincini al Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell'Università di Pavia, in collaborazione con i colleghi del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia dell'Università di Sassari (Elisabetta Gavini e Sara Demartis), ha voluto saggiare l'efficacia antitumorale del fotosensibilizzante Rosa bengala in modelli sperimentali cellulari di tumori astrocitari umani.

 

Sfruttare la voracità metabolica

“Con questo lavoro multidisciplinare – spiega Sergio Comincini, il coordinatore dello studio - abbiamo evidenziato un importante punto debole della cellula tumorale, ovvero la sua voracità metabolica che la obbliga in certe situazioni a captare dall’esterno molecole e potenziali nutriliti per consentire un crescente fabbisogno energetico e proliferativo. In queste condizioni, composti terapeutici potrebbero essere facilitati nel loro ingresso e nella loro funzionalità biochimica, bloccando simultaneamente anche i meccanismi di detossificazione che la cellula tumorale è purtroppo in grado di attuare, migliorando quindi complessivamente l’efficacia terapeutica. La dimostrazione funzionale della strategia è stata infatti quella di essere riusciti ad introdurre efficacemente e con bassi dosaggi farmacologici un composto come il Rosa bengala difficilmente assorbibile dalle cellule tumorali, sufficienti tuttavia per poter attivare il trattamento sperimentale basato sulla terapia fotodinamica. Crediamo, infine, che la strategia sviluppata possa essere favorevolmente impiegata con altri composti terapeutici in diversi contenti oncologici”.

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