Psichiatri, +30% di casi per il Covid e meno di 1000 medici in 2 anni

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E’ la stima prodotta dagli esperti di dieci società scientifiche della psichiatria italiana, riunitesi in un incontro organizzato dalla Società Italiana di Neuropsicofarmacologia. Secondo gli psichiatri, l’Italia risulta “tra gli ultimi Paesi in Europa” nell’ambito della salute mentale, al 2025 mancherà personale, sia medico e sia infermieristico e “non si vede, tra le risorse destinate dal PNRR alla salute un solo euro” per il settore. Da qui, la richiesta “urgente” di costituire un'agenzia nazionale ad hoc

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L’Italia risulta “tra gli ultimi Paesi in Europa” nell’ambito della salute mentale. E, nonostante un incremento stimato del 30% di diagnosi, tra depressione e altre patologie psichiche causato da due anni di pandemia per il coronavirus, specie tra giovani e studenti, sono stati indicati “zero investimenti” nell'ambito del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato per rilanciare l'economia italiana proprio dopo la pandemia. Mentre al 2025, sempre secondo le stime, mancheranno altri mille psichiatri tra pensionamenti e dimissioni. Questi i dati segnalati nell'allerta lanciata da dieci società scientifiche della psichiatria italiana, da cui è giunta anche la richiesta “urgente” di costituire un'agenzia nazionale ad hoc.

L’aumento delle diagnosi per la pandemia

Secondo gli psichiatri, dunque, l’orientamento è quello di andare verso “l'impossibilità di garantire i servizi minimi in un settore in ginocchio già ben prima della pandemia, con assenza di investimenti, una carenza drammatica di medici e ora alle prese anche con un aumento del 30% di diagnosi per la pandemia”, hanno segnalato le società scientifiche, riunitesi in un incontro organizzato dalla Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF). Tra le carenze indicate, soprattutto, quella relativa agli investimenti, che secondo gli esperti sarebbero dovuti crescere almeno fino al 5% del fondo sanitario nazionale, con l’obiettivo di arrivare all'obiettivo del 10% segnalato in sede comunitaria per i Paesi con alto reddito, che che invece sono “tracollati dal già misero 3,5% del 2018 al 2,75% del 2020. A cui è seguito un crescente numero di diagnosi post pandemia”. Questo, hanno spiegato le società, significa che i 728 mila cittadini in cura presso i vari Dipartimenti di Salute Mentale nel 2020, passati da 183 a 141 dal 2015 al 2020, sono di certo aumentati nel biennio 2021-22 seppur non censiti o non ancora individuati. Ma non è tutto perché, come detto, a questa situazione va aggiunta la fuga del personale, sia medico e sia infermieristico, dai dipartimenti che già risultano sottorganico da tempo. Inoltre, persistono differenze a livello regionale a complicare la gestione.

La necessità di un’agenzia nazionale per la Salute Mentale

In conclusione, hanno riferito gli esperti, nonostante alcuni piccoli segnali ed un finanziamento della Commissione Europea, “non si vede, tra le risorse destinate dal PNRR alla salute un solo euro destinato alla Salute Mentale”. Da qui l’appello, lanciato dalla SINPF e da altre dieci Società scientifiche del settore, tra le quali la Società italiana di Psichiatria, di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza, di Psichiatria delle Dipendenze e la Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze. Tra le richieste avanzate, anche quella della creazione di una agenzia nazionale per la Salute Mentale, che “dovrà ripartire da zero per mettere l'Italia in condizioni di pareggiare i conti con l'Europa e di ridare dignità a chi soffre e a chi lavora in questo settore così strategico per la società e l'economia italiana”.

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