
Covid, ci si può riammalare dopo pochi mesi? Cosa sappiamo sulle reinfezioni
Nell’ultima settimana - rileva l’Iss - la percentuale di chi ha ripreso la malattia dopo averla già avuta è salita al 5,8%. Secondo gli esperti è possibile ammalarsi di nuovo a causa del vantaggio evolutivo del virus dovuto alle differenze nelle caratteristiche dell’antigene, ovvero se si ha avuto una determinata variante non è garantita la copertura verso altre mutazioni. Difficile però che insorgano sintomi gravi, mentre viene segnalata in alcuni casi un’accentuazione della sintomatologia del long Covid

In Italia, dal 24 agosto 2021 all’11 maggio 2022 sono stati segnalati 438.726 casi di reinfezione da Covid, e nell’ultima settimana analizzata (fino al 3 maggio) la percentuale di persone che ha contratto la malattia dopo che l’aveva già avuta è al 5,8% (5% la settimana precedente). Lo rileva il report esteso dell'Istituto superiore di sanità (Iss) sull'andamento dell'epidemia di Covid-19
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L'Iss evidenzia un aumento del rischio di reinfezione in modo particolare nei soggetti con prima diagnosi di Covid notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle donne rispetto agli uomini; nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni); negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione
Il report completo dell'Iss
“Questo virus ci dimostra la sua capacità evolutiva che è quella di incrementare la sua contagiosità - spiega al Corriere della Sera Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano - La sua instabilità gli sta permettendo di evolvere in nuove varianti che facilitano la capacità di saper ‘scappare’ sia dall’immunità conferita dalla malattia, sia da quella data dalla vaccinazione”
L'intervista completa di Pregliasco al Corriere della Sera
Poi, alla domanda se sia quindi possibile prendere il Covid anche ogni tre mesi, Pregliasco risponde: “Sì, questa è la conseguenza del vantaggio evolutivo del virus. C’è una differenza consistente espressa ogni volta (da Alfa a Delta a Omicron) nelle caratteristiche dell’antigene, in particolare della Spike”
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Ma chi rischia di più la reinfezione? “Sicuramente chi non è vaccinato - dice Pregliasco - o chi ha fatto il vaccino da molto tempo, o chi non si è mai ammalato di Covid. Il soggetto più ‘resistente’ è l’infettato-vaccinato, poi ci sono alcune caratteristiche genetiche personali ancora oggi non completamente conosciute, legate alla capacità della risposta cosiddetta cellulare, che fanno la differenza individuale”
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Secondo il direttore dell'Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare del Campus Bio-medico di Roma, Massimo Ciccozzi, interpellato dall’Ansa, "chi ha preso la Omicron 1 può reinfettarsi con la Omicron 2 ma poi non può contagiarsi di nuovo con la 1"
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Inoltre, spiega Ciccozzi, “dobbiamo essere sempre in allerta anche sulle varianti che sono state soppiantante da Omicron, come la Delta che non è scomparsa e potrebbe avere mutazioni e organizzarsi per la rimonta. Anche la Alfa, l'abbiamo isolata su una persona del Nord Italia proveniente da Londra"

Le reinfezioni da Covid “possono portare ad una accentuazione della sintomatologia del long Covid, anche se in un quadro che resta comunque di minore gravità rispetto alle situazioni di long Covid determinate da infezioni primarie", spiega all’Ansa Massimo Andreoni, direttore dell'Unità operativa complessa di Malattie infettive di Roma Tor Vergata

"C'è bisogno naturalmente di un periodo di osservazione più lungo, ma alcuni dei pazienti reinfettati osservati finora riferiscono - afferma Andreoni - di avere un aggravamento della sintomatologia sottostante di long Covid, come se la reinfezione riaccendesse i meccanismi del long covid, ma comunque in un quadro di gravità non allarmante"

In generale, rileva Andreoni, "il fatto di avere sempre più reinfezioni comunque non ci sorprende, perché il virus SarsCoV2 è in grado di reinfettare anche le persone immunizzate; quindi più ci sono soggetti infettati - e oramai siamo ad almeno un terzo della popolazione italiana che è stata infettata - più è probabile che vedremo delle reinfezioni. Questo anche perché la variante Omicron ha un altissimo tasso di infettività e l'immunità acquisita da una precedente infezione non copre da Omicron"

Sono anche segnalati casi di persone infettate con Omicron, rileva Andreoni, "reinfettatesi con le sottovarianti Omicron 4 o 5; quindi, anche l'immunità pregressa derivata da una precedente infezione da virus Omicron non basta a proteggere dal rischio di una nuova infezione determinata dalle sue sottovarianti”

Ad ogni modo, mediamente, "le reinfezioni si comportano come il contagio nei soggetti vaccinati: è cioè difficile che si viluppi malattia grave. Certamente, però, vediamo anche persone con reinfezione che arrivano alla ospedalizzazione, ma questo - conclude Andreoni - dipende dalla fragilità della singola persona"