Tumore del colon-retto: scoperto un nuovo possibile target terapeutico

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Si tratta di un recettore di membrana, chiamato AKL, una proteina già nota per avere implicazioni nello sviluppo di diversi tipi di tumore, tra cui quello ai polmoni. La scoperta si deve a un team internazionale di ricercatori, guidato dagli studiosi dell'Università di Bologna

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Nuovi passi in avanti nella lotta al tumore del colon-retto, che rappresenta il 10% di tutte le neoplasie diagnostiche nel mondo.
Un team internazionale di ricercatori, guidato dagli studiosi dell'Università di Bologna, ha individuato un nuovo possibile target terapeutico. Si tratta di un recettore di membrana, chiamato AKL, una proteina già nota per avere implicazioni nello sviluppo di diversi tipi di tumore, tra cui quello ai polmoni e il neuroblastoma, che giocherebbe un ruolo chiave anche nello sviluppo del cancro del colon-retto.

Lo studio nel dettaglio

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, "aprono la strada per la prima volta all’applicazione clinica di un nuovo possibile target terapeutico per il cancro del colon-retto”, ha commentato  Mattia Lauriola, coordinatrice dello studio, per poi sottolineare che “la portata di questa scoperta è poi resa ancora più significativa dal fatto che già oggi abbiamo a disposizione inibitori molto efficaci del recettore ALK”.
Nello specifico, il team di ricerca ha dimostrato che l'espressione di questo recettore di membrana è un elemento determinante per la sopravvivenza dei pazienti di uno dei quattro sottotipi della malattia, quello noto come CMS1. In particolare, come sottolineato in una nota dell'Università di Bologna, i pazienti che presentano alti livelli di ALK nel tumore tendono ad avere una sopravvivenza ridotta. “A partire da questi risultati, abbiamo investigato, con analisi in vitro e in vivo, i possibili benefici di terapie che inibiscono AKL, rilevando che in tutti i casi veniva rallentata la crescita della malattia per il sottotipo CMS1, mentre non si registravano effetti negli altri sottotipi”, ha spiegato Lauriola. “Poiché sono già disponibili diversi farmaci inibitori di AKL, questa scoperta potrebbe portare allo sviluppo di terapie personalizzate, consentendo un passaggio rapido dalla sperimentazione alla fase clinica, con evidenti benefici per pazienti che oggi hanno ancora troppo poche opportunità di cura”, ha concluso la ricercatrice.

 

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