Virus respiratorio sinciziale, studio dimostra efficacia di un anticorpo monoclonale

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Si tratta del Nirsevimab, messo a punto da Sanofi e Astrazeneca. Ha ridotto del 74,5%, rispetto al placebo, l'incidenza dell'assistenza medica necessaria per le infezioni del tratto respiratorio inferiore causate da questo virus

 

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Presto potrebbe essere disponibile un'arma in più per proteggere i neonati dal virus respiratorio sinciziale (Rsv). Un nuovo studio di fase 3, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato l'efficacia del primo anticorpo monoclonale a lunga durata d'azione progettato per proteggere i bimbi per l'intera stagione da questo virus, che se contratto nei primi mesi di vita può provocare forme di bronchiolite gravi, con manifestazioni cliniche nelle basse vie respiratorie. Si tratta del Nirsevimab, messo a punto da Sanofi e Astrazeneca.

I risultati dello studio

Lo studio ha dimostrato che il trattamento con Nirsevimab ha ridotto del 74,5%, rispetto al placebo, l'incidenza dell'assistenza medica necessaria per le infezioni del tratto respiratorio inferiore causate da questo virus, come bronchiolite e polmonite. Protezione che è stata ottenuta con una sola somministrazione dell'anticorpo monoclonale e che si è mantenuta per tutta la stagione di Rsv nei bambini.  
"L'Rsv ha visto una ricomparsa a seguito dell'allentamento delle misure di salute pubblica da Covid-19", ha sottolineato William Muller, coordinatore del team di ricerca. "Questo dimostra quanto sia necessario un ampio approccio di immunizzazione per contribuire a mitigare il sostanziale onere globale che l'Rsv impone ai neonati, alle loro famiglie e ai servizi sanitari. Questi dati entusiasmanti mostrano che nirsevimab ha il potenziale per offrire una protezione a tutti i neonati, il che sarebbe un cambiamento paradigmatico nell'approccio a questa malattia", ha concluso.  

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L'Rsv (acronimo di “Respiratory syncytial virus”) è un agente virale capace di infettare l'apparato respiratorio di pazienti di qualunque età, ma principalmente bambini nei primi anni di vita.
Il virus "se contratto nei primi mesi di vita del bambino provoca forme di bronchiolite gravi, con manifestazioni cliniche nelle basse vie respiratorie, mentre nei bambini più grandi e negli adulti si risolve con sintomi lievi, come rinofaringite, febbre o tosse”, ha spiegato Fabio Midulla, presidente della Società italiana per le malattie respiratorie infantili (Simri), professore ordinario di pediatria presso l'università La Sapienza e responsabile del pronto soccorso pediatrico del Policlinico Umberto I di Roma. “Ma i neonati sono spesso protetti dagli anticorpi materni che si "trasmettono" attraverso la placenta".

Il pronto soccorso dell'ospedale Perrino di Brindisi in una foto d'archivio. ANSA/ ROBERTA GRASSI

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