Nel Junk Dna sono state individuate delle regioni che sarebbero responsabili della maggiore aggressività del neuroblastoma. La scoperta, pubblicata su Cancer Research, si deve a Università di Napoli Federico II e Ceinge - Biotecnologie avanzate di Napoli
Uno studio italiano ha dimostrato che nel Dna non codificante, in passato chiamato erroneamente "Dna spazzatura", sono presenti mutazioni che potrebbero partecipare allo sviluppo di un tumore. In particolare, nel Junk Dna sono state individuate delle regioni che sarebbero responsabili della maggiore aggressività del neuroblastoma, uno dei tumori del sistema nervoso dei bambini.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Cancer Research, si deve a un team di ricercatori dell'Università di Napoli Federico II e Ceinge - Biotecnologie avanzate di Napoli. I risultati, ottenuti grazie all'utilizzo di tecniche molto avanzate di ingegneria genetica e bioinformatica, aprono la strada allo sviluppo di nuove terapie contro il neuroblastoma che abbiano come bersaglio i geni individuati.
Lo studio nel dettaglio
Come spiegato in una nota dell'ateneo, il Dna non codificante è una porzione enorme del genoma, circa il 99% del totale, contenente particolari sequenze il cui ruolo nel determinare le patologia è tutt'oggi in larga parte sconosciuto. Lo studio dei ricercatori si è concentrato proprio su queste sequenze.
"Abbiamo studiato in particolare le regioni del Dna dette "intensificatori" o "enhancer", che possono essere immaginate come la manopola del volume di una radio, con la quale possiamo aumentare o diminuire l'intensità di produzione di specifici geni", ha spiegato il ricercatore Mario Capasso.
I risultati
Dopo aver individuato le regioni regolatrici, i ricercatori le hanno analizzate in circa 200 campioni alla ricerca di mutazioni. Sono così riusciti a trovare mutazioni in quantità maggiore rispetto al resto del Dna e a dimostrare che l'insieme di questi intensificatori del neuroblastoma, quando alterati, sarebbero tra le cause di una prognosi sfavorevole per i piccoli pazienti.
In un successivo test, utilizzando la tecnica di ingegneria genetica nota come Crispr-Cas9, il team di ricerca ha messo a punto delle cellule ingegnerizzate in laboratorio per valutare tutte le possibili interazioni delle regioni regolatrici individuate con tutti i geni fin ad oggi conosciuti. Dalla ricerca è emerso che le regioni individuate interagiscono con tre geni noti per avere un ruolo chiave nello sviluppo dei tumori e che sono coinvolti anche nello sviluppo embrionale e nella risposta del sistema immunitario.