È quanto emerso da una ricerca della Northwestern Medicine, che sfata la convinzione secondo cui la patologia inizia nei motoneuroni spinali e per la quale qualsiasi terapia dovrebbe mirare alla colonna vertebrale come "obiettivo-chiave"
Il cervello è uno dei primi bersagli da trattare nella lotta contro la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa progressiva dell'età adulta, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. È quanto emerso da uno studio della Northwestern Medicine, che sfata la convinzione secondo cui la patologia inizia nei motoneuroni spinali e per la quale qualsiasi terapia dovrebbe mirare alla colonna vertebrale come "obiettivo-chiave". I risultati dell'analisi, pubblicati sulle pagine della rivista specializzata Gene Therapy, dimostrano che la degenerazione dei motoneuroni cerebrali (le cellule nervose nel cervello che controllano il movimento degli arti) non è semplicemente un sottoprodotto della degenerazione dei motoneuroni spinali, come si pensava in precedenza.
Lo studio nel dettaglio
"Abbiamo scoperto che il cervello degenera presto in malattie come la Sla, ci invia segnali di allarme e mostra difetti molto in anticipo", ha spiegato Hande Ozdinler, coordinatore del team di ricerca. "Pertanto abbiamo bisogno di riparare i motoneuroni del cervello se vogliamo strategie di trattamento efficaci a lungo termine. Il cervello è importante nella Sla". Nel corso dello studio, i ricercatori sono riusciti a dimostrare per la prima volta che la degenerazione del motoneurone cerebrale non è una conseguenza della degenerazione del motoneurone spinale ma ne è indipendente. L'analisi ha inoltre, identificato, un gene che giocherebbe un ruolo fondamentale nel mantenere in salute i motoneuroni cerebrali: Uchl1.
Sla, identificato un nuovo potenziale bersaglio terapeutico
Tra gli ultimi risultati del settore, uno studio condotto presso la fondazione la Santa Lucia Irccs di Roma, in collaborazione con l’istituto di farmacologia traslazionale del Cnr è riuscito a dimostrare l'efficacia di un farmaco, già in uso per altre patologie, in un modello preclinico di Sla nel rallentare la progressione della neurodegenerazione e nell’aumentare la sopravvivenza dei modelli murini. Si tratta della Trimetazidina, che sarebbe in grado di normalizzare i meccanismi molecolari alla base delle disfunzioni metaboliche correlate con la Sla, di cui soffre una buona parte dei pazienti affetti dalla patologia.