Tumore al pancreas: scoperto un possibile nuovo bersaglio terapeutico

Salute e Benessere

Si tratta di Focal Adhesion Kinase (FAK), una molecola che inibisce l'efficacia dei farmaci di chemioterapia. Secondo uno studio del Garvan Institute di Sydney attaccando questa molecola sarebbe possibile dimezzare la diffusione del tumore

Nuovi possibili passi in avanti nella lotta contro ai tumori. Un team di ricercatori del Garvan Institute di Sydney ha scoperto un nuovo possibile bersaglio terapeutico contro il cancro al pancreas. Si tratta di Focal Adhesion Kinase (FAK), una proteina che controlla la fibrosi, sviluppando uno "scudo" di tessuto fibrotico che circonda le cellule del tumore pancreatico e le rende impenetrabili alla chemioterapia. Secondo gli autori dello studio, attaccando questa molecola sarebbe possibile dimezzare la diffusione del tumore.

Lo studio sui topi nel dettaglio

Come descritto sulle pagine della rivista specializzata Science Advances, nel corso di uno studio condotto su topi da laboratorio, i ricercatori hanno dimostrato che attaccando FAK prima del trattamento sarebbe possibile ridurre del 50% la diffusione del cancro, rendendo le cellule cancerose più sensibili alla chemioterapia. Sulla scia di questi risultati, l'azienda biofarmaceutica australiana Amplia Therapeutics sta per avviare una sperimentazione clinica di fase 2 per testare un nuovo farmaco (AMP94), che agisce proprio sulla proteina FAK e dovrebbe scomporre lo scudo fibrotico che circonda i tumori pancreatici.  

Il nuovo approccio terapeutico

La nuova prospettiva terapeutica potrebbe rappresentare una speranza per i pazienti con una forma aggressiva di cancro, denominata adenocarcinoma duttale pancreatico.
""Preparare" in tal modo l'ambiente tumorale significa che dosi minori di chemioterapia sono efficaci quanto dosi maggiori nel fermare la diffusione del cancro", ha spiegato Paul Timson, direttore del laboratorio che ha condotto gli studi preclinici sull'inibizione della proteina FAK. "Abbiamo osservato che dosi minori sono più efficaci dei trattamenti continui, oltre a rendere le cellule tumorali più vulnerabili alla metastasi. Questo consente non solo di fermare il tumore nel sito primario, ma di frenare allo stesso tempo la sua diffusione", ha concluso.

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