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Covid Uk, niente vaccino tra i 12 e i 15 anni

Salute e Benessere

La decisione è stata presa oggi, venerdì 3 settembre, dagli esperti del comitato medico-scientifico britannico indipendente che assiste il governo di Boris Johnson sulla campagna vaccinale

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Nel Regno Unito, il vaccino anti-Covid non sarà somministrato ai bambini e ai ragazzi sani di età compresa tra i 12 e i 15 anni. La decisione è stata presa oggi, venerdì 3 settembre, dagli esperti del comitato medico-scientifico britannico indipendente che assiste il governo di Boris Johnson sulla campagna vaccinale. L’organismo ha spiegato che in questa fascia d’età il rapporto rischi-benefici non è tale da giustificare un via libera basato solo su considerazioni di cautela sanitaria generale. Inoltre, vaccinare i più giovani rischierebbe di creare dei problemi nello svolgimento dell’attività scolastica.

I vaccini saranno somministrati ai bambini vulnerabili

Nelle ultime settimane vari esperti inglesi, tra cui alcuni consiglieri dell’esecutivo, avevano già sollevato dei pareri contrari sull’estensione di massa della campagna vaccinale ai minori di 16 anni. A differenza di quanto avvenuto in altri Paesi, finora il governo di Boris Johnson non aveva mai avanzato alcuna ipotesi esplicita di un coinvolgimento generalizzato dei giovanissimi. Dalla raccomandazione formalizzata oggi dal Jcvi (Joint Committee on Vaccination and Immunisation) emerge che la somministrazione dei vaccini in due dosi tra i 12 e i 16 anni verrà garantita solo a circa 200.000 fra bambini e ragazzi residenti nel Regno Unito classificati come vulnerabili e quindi più a rischio di contrarre il Covid-19 per via di patologie pregresse. Molti di questi giovani, per esempio, hanno alle spalle diagnosi di disfunzioni croniche del cuore, malattie polmonari o epatiche.

 

Le motivazioni della scelta

Gli esperti inglesi hanno giustificato l’esclusione dei bambini sani dalla campagna vaccinale menzionando i rarissimi casi di infiammazione cardiaca successivi alla somministrazione del vaccino di Pfizer e la mancanza di prove sperimentali sul vantaggio che la somministrazione del siero potrebbe offrire ai più giovani. Anche l’impatto piuttosto limitato del coronavirus, soprattutto in forma grave, su questa fascia d’età ha avuto un peso rilevante sulla decisione.

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