Chiamati “mRna-1644” e “mRna-1644v2-Core”, saranno al centro di una sperimentazione di fase 1 che dovrebbe terminare nella primavera del 2023. Sviluppati dall’azienda americana Moderna, la stessa che ha applicato la tecnologia a mRna sui vaccini anti-Covid, i preparati sperimentali verranno inoculati inizialmente a 56 volontari sani, di età compresa tra i 18 e i 50 anni
Sono stati sviluppati dall’azienda biotech Moderna e si basano sulla tecnologia a mRna, la stessa che la società americana, tra le prime in assoluto, ha sperimentato per i vaccini anti-Covid. Si tratta dei primi due vaccini contro l’Hiv, un virus che attacca e distrugge, in particolare, un tipo di globuli bianchi, i linfociti CD4, responsabili della risposta immunitaria dell’organismo. I due farmaci, come si apprende dal registro dei trial clinici dei National Institutes of Health (NIH) statunitensi, saranno al centro di una serie di test clinici che stanno per prendere il via.
La sperimentazione di fase 1
In particolare, la sperimentazione di fase 1, che avrà l’obiettivo di valutare la sicurezza dei due vaccini e la loro capacità di indurre una risposta immunitaria, riguarderà 56 volontari sani, di età compresa tra i 18 e i 50 anni, e dovrebbe concludersi nella primavera del 2023. I due preparati sperimentali, con caratteristiche piuttosto simili tra loro, si chiamano “mRna-1644” e “mRna-1644v2-Core” e sono stati sviluppati in collaborazione con la International Aids Vaccine Initiative (Iavi) e con la Bill and Melinda Gates Foundation.
Come funzionano i vaccini
Ma come funziona questa tipologia di farmaci? A differenza dei vaccini tradizionali, che introducono nell’organismo una parte del virus indebolito o inattivato, quelli a Rna messaggero portano alle cellule una sorta di “libretto delle istruzioni”, fondamentale per produrre un frammento di una specifica proteina, detta antigene, di solito presente all’esterno del virus e che viene riconosciuto come estraneo dal sistema immunitario. L’obiettivo finale del vaccino basato su questa tecnologia, spiegano gli esperti del NIH, è quella di stimolare specifici linfociti B a produrre anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro contro l’Hiv. Secondo gli studiosi, non è ancora possibile sostenere con certezza che questa nuova strategia vaccinale possa funzionare là dove gli vaccini tradizionali hanno fallito, ma le prime valutazioni sembrano essere incoraggianti. L’antigene codificato dai vaccini a mRna, inoculato in una precedente sperimentazione e utilizzando una tecnologia diversa da quella a mRna, ha dimostrato di poter stimolare i linfociti B nel 97% dei partecipanti.