Tumore del colon-retto, dagli “organoidi” nuove strade per la cura

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Da questi aggregati di cellule tumorali in 3D, prelevate direttamente da pazienti con neoplasie, è possibile comprendere, in ambito oncologico, cosa accade effettivamente ad un organo quando viene aggredito dal cancro e progettare interventi mirati. Su queste premesse si è basato un innovativo lavoro di ricerca condotto dai ricercatori del dipartimento di Area Medica (DAME) dell’Università di Udine

I cosiddetti “organoidi” sono aggregati di cellule tumorali in 3D prelevate direttamente da pazienti con neoplasie, che, seppur in dimensioni piccolissime, riescono a replicare fedelmente le proprietà cruciali dei tumori originari, risultando preziosi nell’ambito della sperimentazione di farmaci e dello sviluppo della medicina personalizzata. In sostanza, si tratta di “una delle più promettenti chiavi di volta nelle mani della ricerca biomedica in ambito oncologico per comprendere cosa accade effettivamente ad un organo quando viene aggredito dal cancro e progettare interventi mirati”. Questa è anche la premessa ad un innovativo studio che ha visto protagonisti i ricercatori del dipartimento di Area Medica (DAME) dell’Università di Udine che, proprio sullo sviluppo di queste versioni tridimensionali semplificate di organi del corpo umano cresciute in laboratorio, hanno prodotto una particolare linea di ricerca multidisciplinare per identificare trattamenti specifici dedicati ai pazienti affetti dal tumore del colon-retto, responsabile del 10% circa della mortalità mondiale e quarta causa di decessi correlati al cancro.

Sperimentare farmaci e sviluppare strategie terapeutiche personalizzate

Lo studio, pubblicato di recente sulla rivista internazionale “Journal of Experimental and Clinical Cancer Research”, è stato finanziato della Regione FVG e dalla Fondazione Friuli, nell’ambito delle attività di Ricerca del Gruppo Active Ageing UniUD. Attraverso questo modello tridimensionale, derivante da biopsie di colon dai pazienti, potrà dunque essere possibile “sperimentare farmaci e sviluppare strategie terapeutiche personalizzate”, come sottolineato da Gianluca Tell, coordinatore della ricerca e direttore del laboratorio di Biologia Molecolare del Dipartimento di Area Medica. Secondo l’esperto, gli "organoidi" rappresentano “uno strumento ideale anche per studiare processi tumorigenici connessi con la perdita di stabilità genomica associata all'invecchiamento”, si legge in un comunicato diffuso sul sito dell’ateneo friulano. E tra l’altro, come ammesso dallo stesso esperto, lo studio ha “consentito di identificare una nuova mutazione mai descritta prima, a carico di un gene coinvolto nella patologia cancerosa, che apre ulteriori prospettive dal punto di vista prognostico e terapeutico”.

Il ruolo degli “organoidi”

Quale l’importanza del ruolo degli “organoidi”? Secondo Marta Codrich, ricercatrice e principale artefice del lavoro sperimentale, questi “emulano, a livello molecolare, il tumore di origine, accumulando nel tempo mutazioni che imitano l'evoluzione del tumore del paziente, sottolineando così le rilevanti potenzialità di questo modello 3D”. In definitiva, hanno ammesso gli studiosi, si tratta di un modello che induce ad incoraggianti promesse ed i cui limiti attuali sembrano già essere in fase di superamento, anche grazie all’attività di ricerca che si porta avanti nei laboratori del DAME.

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