Tumore al cervello, individuati nuovi bersagli genetici contro i gliomi

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Il merito va al team di ricercatori coordinato da Thomas Vaccari e Valentina Vaira, dell’Università Statale di Milano, e da Helene Knævelsrud dell’Institute for Cancer Research dell’Oslo University Hospital. Gli esperti sono riusciti a ricreare nel moscerino della frutta, il “Drosophila melanogaster”, le lesioni genetiche tipiche dello sviluppo del “glioblastoma”, uno tra i più aggressivi tumori cerebrali

I gliomi sono un gruppo eterogeneo di tumori che interessano prevalentemente l’encefalo, in particolare gli emisferi cerebrali, ma molto raramente possono svilupparsi anche a livello del midollo spinale. Oggi, grazie allo studio coordinato da Thomas Vaccari e Valentina Vaira, ricercatori dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con Helene Knævelsrud, esperta dell’Institute for Cancer Research dell’Oslo University Hospital, è stato possibile individuare nuovi bersagli genetici per contrastarne la crescita.

Ricreate le lesioni tipiche del “glioblastoma”

Lo studio sui gliomi, come detto alcuni tra i più aggressivi tumori del cervello, è stato sostenuto dalla Fondazione Airc, dal Worldwide Cancer Research e dalla Fondazione Cariplo, con il supporto dell’Università degli Studi di Milano ed i risultati sono stati pubblicati all’interno della rivista scientifica “Autophagy”. Nel corso del loro lavoro di ricerca, gli studiosi sono riusciti a ricreare le lesioni genetiche tipiche dello sviluppo del “glioblastoma”, uno tra i più aggressivi tumori cerebrali, e lo hanno fanno servendosi del moscerino della frutta, il “Drosophila melanogaster”. I ricercatori, così, hanno potuto constatare come proprio tali lesioni siano in grado di attivare “indebitamente i sistemi che segnalano la presenza di nutrienti a disposizione delle cellule, inducendone la crescita incontrollata”, si legge in un comunicato diffuso sul sito dell’ateneo milanese. Ciò che ne è emerso è che questa alterazione frena il funzionamento dell’autofagia, uno dei processi principali che serve a metabolizzare i nutrienti. In definitiva, manipolando nel piccolo moscerino l’attivazione di una serie di geni coinvolti nell’utilizzo dei nutrienti, gli scienziati hanno potuto dimostrare il meccanismo che frena la crescita delle cellule gliali tumorali, riattivando allo stesso tempo l’autofagia.

Identificare le vulnerabilità specifiche delle cellule tumorali

Secondo Vaira, ricercatrice esperta in oncologia molecolare del Policlinico di Milano e del dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti dell’ateneo meneghino, “l’importanza di questa ricerca è che in futuro potremo pensare di utilizzare farmaci che regolano l’autofagia per riprogrammare il modo in cui le cellule tumorali si nutrono, bloccandone la crescita”, ha spiegato. Come commentato, invece, da Vaccari, studi come questo “illustrano come si possano utilizzare i modelli genetici propri della ricerca di base per comprendere lo sviluppo dei tumori all’interno di un organismo e per identificare le vulnerabilità specifiche delle cellule tumorali”. Proprio queste, ha continuato docente del dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale, “a causa delle loro lesioni tendono a comportarsi in modo differente dalle loro controparti sane”. La speranza, adesso, è quella di poter individuare “nuove vie per eradicare un tumore senza arrecare troppo danno ai tessuti sani dei pazienti”.

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