La maggior parte degli under-50 sembra presentare disturbi nella sfera delle funzioni esecutive. Lo indicano i risultati di una ricerca condotta da Massimo Filippi, dell'Università Vita-Salute San Raffaele
Un soggetto su due tra i pazienti che hanno contratto il Covid-19 sembra presentare disturbi cognitivi due mesi dopo la dimissione dall'ospedale e la guarigione dalla malattia. È quanto emerso da uno studio italiano presentato in occasione del congresso dell'Accademia Europea di neurologia (EAN). A condurre la ricerca è stato Massimo Filippi, dell'Università Vita-Salute San Raffaele e direttore dell'unità di Neurologia dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. "Il nostro studio ha confermato significativi problemi cognitivi e psicopatologici associati all'infezione da Covid-19 che persistono diversi mesi dopo la remissione dalla malattia", ha spiegato Filippi. (VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE)
Lo studio nel dettaglio
Lo studio ha coinvolto 49 pazienti con diagnosi confermata di Covid-19. I partecipanti, in seguito al manifestarsi di sintomi neurologici, sono stati sottoposti a una valutazione neuropsicologica estesa e a una risonanza magnetica due mesi dopo la remissione dalla malattia. L'analisi ha rivelato che quasi un soggetto su 5 (il 18%) presenta un disturbo da stress post-traumatico, il 16% disturbi depressivi e un altro 16% problemi delle funzioni esecutive, quali disturbi di pianificazione e velocità di elaborazione delle informazioni. È inoltre emerso che un ulteriore 6% mostra problemi di memoria a lungo termine e un altro 6% problemi di natura visuo-spaziale. In generale, i dati dello studio mostrano che la maggior parte dei problemi cognitivi sembra interessare i pazienti giovani: tra gli under-50 coinvolti nello studio la maggioranza presenta disturbi nella sfera delle funzioni esecutive. "Una scoperta inattesa è che i cambiamenti nelle funzioni esecutive da noi rilevati, che possono rendere difficile concentrarsi, pianificare, pensare o ricordare, affliggono fino a 3 pazienti su 4 nella fascia d'età tra 40 e 50 anni. Parliamo di pazienti ricoverati, ma spesso con quadri clinici moderati", ha commentato Elisa Canu, ricercatrice e prima autrice dello studio. Saranno necessarie ulteriori ricerche per indagare se queste alterazioni neuropsicologiche siano direttamente ricollegabili all'infezione o ne siano una conseguenza indiretta e la loro durata.