Grazie al lavoro dei ricercatori dell’Università di Exeter, in collaborazione con quelli di Cambridge, è stato possibile mettere a punto una tecnica che potrebbe rivelarsi particolarmente importante per studiare i problemi della fertilità e dello sviluppo degli embrioni umani
"Un risultato notevole che apre nuove possibilità entusiasmanti per conoscere l'embrione umano". Con queste parole Austin Smith, direttore dell'Istituto per i sistemi viventi dell'Università di Exeter, ha commentato lo studio che hanno condotto i ricercatori dell’ateneo del Regno Unito, grazie al quale è stato possibile ottenere, in provetta, un embrione umano di 6 giorni.
Una struttura simile a quella di un embrione umano
Si tratta di una tecnica che ancora non era stata sperimentata, grazie alla quale si è potuto ottenere una struttura del tutto simile a quella di un embrione umano a pochi giorni dalla fecondazione, su cui eseguire studi legati allo sviluppo dell’embrione umano o approfondire le problematiche che possono portare a non farlo attecchire nell'utero, causando aborti spontanei o ancora il fallimento degli interventi di fecondazione assistita. Il lavoro di ricerca, pubblicato sulla rivista “Cell Stem Cell”, è stato condotto anche grazie alla collaborazione degli studiosi dell’Università di Cambridge e con il finanziamento del Medical Research Council. Quello messo a punto nel Regno Unito, hanno detto gli autori, è uno studio che ha il vantaggio di aver sviluppato una tecnica più "semplice" ed "efficiente", rispetto a quanto fatto fino ad oggi.
I dettagli della ricerca
Il primo step condotto dagli esperti, per arrivare al risultato finale, è stato quello di organizzare le staminali in aggregati, in cui in un secondo momento sono state introdotte due molecole note per condizionare il comportamento delle cellule immature. I ricercatori, a distanza di tre giorni, hanno notato che le cellule hanno cominciato a organizzarsi fino a plasmarsi in maniera molto simile ad una blastocisti, la struttura sferica di circa 200 cellule che si forma a 5- 6 giorni dalla fecondazione. E non solo, perché in ogni struttura sono stati individuati gli stessi geni presenti negli embrioni naturali.
Gli ulteriori sviluppi
Secondo il responsabile della ricerca, Ge Guo, "la nuova tecnica fornisce un sistema affidabile per studiare lo sviluppo precoce negli esseri umani senza utilizzare embrioni”, ha sottolineato. Grazie a questi “simil-embrioni”, infatti, potrebbe essere possibile approfondire meglio tutto ciò che concerne i difetti dello sviluppo embrionale, senza dover utilizzare veri embrioni umani né animali. Secondo gli autori della ricerca, tra l’altro, ad usufruire di questa nuova tecnica, potranno essere anche le ricerche sulla fertilità, con la possibilità di individuare le condizioni ottimali per ottenere il miglior successo possibile negli interventi di fecondazione assistita. Un ulteriore step della ricerca, hanno riferito gli esperti, potrà essere poi quello di portare l'embrione sintetico qualche giorno più avanti nello sviluppo, fino al momento in cui gli embrioni naturali assumono le caratteristiche per impiantarsi nell'utero, analizzando così nello specifico cosa in una fase chiave, che molti embrioni spesso non riescono a superare.